“Ci siamo sbagliati. E’ stato un errore non cancellare quel termine “razza” nei questionari distribuiti alle famiglie. Non accadrà mai più”. Ad ammettere con franchezza la “svista” sono all’unanimità Marcello Di Pasquale, il dirigente dell’istituto comprensivo “Borsi – Saffi “di via Tiburtina Antina e lo psicologo Giuseppe Romano che ha curato i test comportamentali che la scuola ha distribuito ai genitori delle classi seconde. Scuse che arrivano quando la bufera si è già scatenata al punto da arrivare in Parlamento.

Nel modello fornito alle famiglie, che lo potevano compilare in maniera volontaria, nella parte relativa ai dati demografici ove si chiedono nome, cognome, età, c’è anche il termine “razza”. Una parola che ha mandato su tutte le furie molte mamme e papà che hanno denunciato il caso. Per loro quel sostantivo non doveva proprio esserci, soprattutto oggi, nel 2023. A spiegare il tutto è il preside che contattato da ilFattoQuotidiano.it alza le mani al cielo: “Si tratta della traduzione letteraria di un questionario adottato dalla letteratura statunitense. Già lo scorso anno lo avevamo dato alle famiglie e nessuno aveva sollevato questioni. Non siamo una scuola che non fa discriminazioni: il nostro sito è tradotto in quattro lingue e accogliamo bambini da ogni parte del mondo. E’ chiaro dal prossimo anno, se ci affideremo ancora al centro clinico Marco Aurelio e se verrà adoperato ancora questo strumento, quel termine non ci sarà più”. Di Pasquale è rammaricato e sconsolato: “Se i genitori alla vista di quella parola mi avessero avvisato senza denunciare il tutto ai media sarei intervenuto senza problemi…”.

Come riportato da “Tgcom24” il “Questionario sul comportamento del bambino in lingua originale Child Behavior Checklist for Ages 6-18, è stato approntato da Thomas M. Achenbach, docente di psichiatria e psicologia e presidente del Centro di ricerca senza scopo di lucro per bambini, giovani e famiglie Aseba dell’Università del Vermont (Usa) nel 2001 ed è adottato a livello internazionale. Nella versione originale si trova il campo Child’s Ehtnic Group or Race, che nella traduzione letterale in italiano diventa “Gruppo etnico o razza del bambino”.

A confermare la versione del preside è proprio lo psicologo che ha seguito la mappatura. Anche lui non ha alcun problema ad ammettere lo “svarione” che c’è stato, la banale distrazione nel somministrare questo test: “Si tratta di un questionario acquistato da una casa editrice americana che fino a qualche anno fa usava questo termine ora lei stessa l’ha modificato in “nazionalità” sia nell’edizione italiana che estera. Abbiamo superficialmente usato un questionario che abbiamo preso dal nostro database. E’ un errore chiaramente oggi parlare di razza. Sarebbe stato sufficiente sbianchettare quella parola…”. Romano ritiene lo strumento, che usa da anni per individuare per tempo eventuali problemi comportamentali nell’infanzia, valido e non ha alcun motivo per non adoperarlo più.

Anche lo psicologo si duole per questo errore materiale ma spera che le famiglie possano comprendere che non c’era da parte della clinica e nemmeno da parte della scuola alcuna intenzione di ribadire una questione razziale: “In molte istituzioni purtroppo spesso accade che vengano usati strumenti vecchi che contengono ancora questo termine inserito nella raccolta demografica dei dati. Va modificato. Va cambiato. Non c’è nulla da fare”.

Uno sbaglio che è costato caro al “Borsi – Saffi” perché la vicenda è arrivata su numerose testate e ora finirà anche in Parlamento dove i deputati del Partito Democratico eletti a Roma e nel Lazio Andrea Casu, Michela Di Biase, Marianna Madia, Claudio Mancini, Roberto Morassut, Matteo Orfini e Nicola Zingaretti presenteranno un’ interrogazione parlamentare al ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara, “per chiedere come sia stato possibile che un questionario contenente espressioni così gravi e razziste sia stato distribuito in una scuola del nostro Paese e per evitare che una vicenda del genere possa accadere di nuovo”. I politici del Pd non si accontentano delle giustificazioni date dal dirigente: “Il tentativo dei dirigenti dell’Ics G. Borsi A. Saffi, del quartiere romano di San Lorenzo, di derubricare la vicenda a scivolone lessicale non rende certamente meno grave l’utilizzo di queste espressioni, ma anzi ancor più odiosa perché avvenuta all’interno di una scuola”.

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