Una presenza di glifosato fino a diecimila volte superiore alle soglie previste dalla legge. Accade nelle acque del reticolo secondario lombardo. Migliaia di chilometri di canali e rogge nelle quali i ricercatori dell’Università di Milano e dell’Istituto di Ricerca sulle Acque del Cnr hanno rilevato una presenza “allarmante” di questo pesticida. Il lavoro di ricerca e analisti, supportato dalla Fondazione Cariplo in collaborazione con Legambiente Lombardia, è partito dalle segnalazioni di alcune aziende risicole della Lomellina. “Pur disponendo della certificazione biologica, queste aziende avevano dovuto rinunciare a commercializzare i loro prodotti a causa dei livelli anomali di residui di pesticidi riscontrati nella cariosside” racconta Fabrizio Stefani di Irsa/Cnr. E così è partita una campagna di analisi che ha riscontrato valori eccedenti fino a diecimila volte il limite imposto dalla legge che è pari a 0,1 microgrammi per litro.

“I dati hanno fornito le evidenze attese facendo registrare valori di inquinamento da glifosato preoccupanti anche perché si tratta delle stesse acque che vengono impiegate per l’irrigazione dei campi” aggiunge Stefano Bocchi, docente di agronomia dell’Università di Milano. Quello che preoccupa di più è il glifosato, uno dei pesticidi più utilizzati nei campi. Si tratta di una molecola di basso costo ed elevata efficacia. Quasi un milione di tonnellate di questo principio attivo vengono sparsi in tutto il mondo. E in Italia questa molecola costituisce il 52 per cento del totale degli erbicidi. “Gli effetti delle sostanze chimiche impiegate come diserbanti e pesticidi sono tra le maggiori cause di perdita di biodiversità – si legge nel report – colpiscono indistintamente specie utili come insetti impollinatori e uccelli. Le conseguenze si ripercuotono a cascata su tutte le forme viventi che dipendono dalle comunità vegetali e dalle loro simbiosi”. Un esempio concreto? “Il declino di quasi il 60 per cento degli uccelli degli ambienti rurali europei, l’evidente decremento nelle specie di piante spontanee, di pesci, di insetti”.

Eppure il glisofato continua ad essere uno degli erbicidi più utilizzati. Esiste un’alternativa? “Se applichiamo un modello industriale all’agricoltura ad oggi non esiste un diserbante con quelle caratteristiche – prosegue Bocchi – ma l’alternativa vera dovrebbe essere una buona agronomia e agroecologia”. L’esigenza, secondo il coordinatore scientifico di Legambiente Lombardia Damiano Di Sirmine, “è quella di cambiare il modello ponendo le conoscenze e le innovazioni dell’agricoltura moderna a servizio di una transizione agroecologica”. I prossimi mesi saranno molto caldi per la discussione sull’uso del glifosato in Europa. Entro l’estate l’autorità europea per la sicurezza alimentare dovrà formulare un parere basato su tutti gli aspetti rilevanti per la salute e la biodiversità. Poi toccherà alla Commissione Europea presentare una proposta e agli stati membri Ue decidere. E l’Italia che fa? “C’è un grande punto di domanda sul governo italiano – conclude Federica Luoni della Coalizione Cambiamo l’Agricoltura – il Piano Nazionale dei Pesticidi è scaduto nel 2019 e il processo di revisione si è fermato. L’appello al governo è di riprendere la discussione aggiornando le soglie a quelle europee per evitare che il nuovo piano nasca già vecchio”.

IL DISOBBEDIENTE

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