“Nel processo per il crollo del ponte Morandi ci sono state tante testimonianze che andavano nella stessa direzione, e cioè che si sapeva dello stato del ponte. È chiaro che sentire in aula ieri le dichiarazioni di questo signor Mion, che ha detto in modo chiaro e limpido che già dal 2010 i vertici erano informati su questa situazione, non può che creare sgomento e choc. Vi lascio immaginare quando noi, familiari delle vittime, siamo in aula e sentiamo queste cose. È sempre più difficile”. Sono le parole pronunciate ai microfoni di Uno, Nessuno, 100Milan (Radio24) da Egle Possetti, che presiede il comitato dei parenti delle vittime e che nel crollo del ponte Morandi del 14 agosto 2018 ha perso la sorella, il cognato e i due nipoti.

Possetti, commentando le parole di Gianni Mion, ex amministratore delegato della holding dei Benetton Edizione, ex consigliere di amministrazione di Aspi e della sua ex controllante, Atlantia, aggiunge: “Quello che lascia allibiti è anche il fatto che le difese continuino a parlare di “rischio occulto di crollo”. Noi da tempo diciamo che, pur con un difetto costruttivo, quel ponte andava sottoposto a manutenzione perché non crollasse. Quindi – continua – questa panzana che abbiamo sentito per mesi e mesi in aula non vorremmo più ascoltarla, perché le persone che contavano erano a conoscenza di quel difetto di costruzione e delle problematiche del ponte. E per 8 anni non hanno fatto nulla, secondo me, per un motivo economico, visto che avrebbero dovuto fare interventi strutturali cospicui”.

E aggiunge: “Una persona col ruolo di Mion non poteva stare zitta e parlo proprio dal punto di vista civico. Gramellini oggi scrive che su quel ponte sarebbero potuti passare lo stesso Mion o qualche suo familiare. Io invece credo che abbia avvisato i suoi familiari e che non li abbia fatti passare sul ponte Morandi. Questa è una cosa sconvolgente, chissà quanti erano a conoscenza dello stato del ponte. Rendiamoci conto che in quegli anni sono passati milioni di persone. Noi ci siamo chiesti tante volte – conclude – ma quelle persone che conoscevano lo stato del ponte come fanno a dormire la notte? Forse sono persone che non hanno coscienza, forse non si aspettavano che il ponte crollasse, forse i loro consulenti tecnici erano incapaci. In questa vicenda c’è sicuramente omertà, ci sono incompetenze, ci sono azioni inefficaci, c’è avidità per avere più utili. E c’è soprattutto uno Stato che non ha vigilato“.

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