Oltre 75 milioni di beni confiscati alla ‘ndrangheta solo nell’ultimo mese. Immobili, auto di lusso, conti correnti, mezzi di trasporto per la logistica e macchine agricole: la prevenzione patrimoniale nel contrasto delle infiltrazioni mafiose al Nord e le sentenze passate in giudicato producono risultati importanti. Nelle sole ultime 24 ore, la Guardia di finanza di Cremona ha confiscato beni per 55 milioni in cinque regioni (Emilia Romagna, Lombardia, Veneto, Valle d’Aosta e Calabria) a soggetti definitivamente condannati nel processo Aemilia: dall’imprenditore modenese Augusto Bianchini (nove anni di carcere), a Gianni Floro Vito (13 anni e un mese), alla grande famiglia dei fratelli Palmo e Giuseppe Vertinelli (condannati rispettivamente a 17 anni e quattro mesi e 16 anni e quattro mesi). Nelle scorse settimane altre imprese, appartamenti, una villa di lusso a Parma e terreni in provincia di Crotone erano stati definitivamente confiscati al condannato Antonio Muto (10 anni e 8 mesi).

I provvedimenti, adottati dalla Corte d’Appello di Bologna su richiesta della Procura generale guidata da Lucia Musti, riconsegnano allo Stato e alle comunità locali ricchezze accumulate con l’inganno, la violenza e la frode. Che rappresentano però solo una piccola fetta dell’immenso patrimonio sottratto dalla ‘ndrangheta, costituito da beni materiali e depositi bancari illecitamente accumulati per un valore complessivo che sfiora il mezzo miliardo di euro. L’ultima confisca deriva dalle indagini di Aemilia che avevano portato all’arresto di un piccolo imprenditore calabrese da molti anni residente in provincia di Piacenza: l’uomo concedeva prestiti usurari al tasso di interesse del 210% annuo, e i successivi approfondimenti investigativi hanno scoperchiato un più ampio contesto di attività illecite ai danni di aziende emiliane. Altri soggetti di origine calabrese, titolari di imprese con elevati fatturati, sfruttavano invece le ormai tristemente famose societàcartiere”, aziende intestate a prestanome ed esistenti solo sulla carta, per generare false fatture e frodare il fisco. I guadagni in nero che ne derivavano erano poi utilizzati principalmente nella concessione di prestiti alle aziende emiliane in difficoltà, in modo da assumerne il controllo.

All’ultima operazione hanno partecipato anche gli uomini della Guardia di finanza di Crotone, Aosta e Rimini, portando alla confisca definitiva di 179 immobili in sei province: un terzo a Reggio Emilia e gli altri distribuiti tra Mantova, Bologna, Modena, Crotone, Parma e Verona. Tra i beni mobili ci sono 31 automobili, 17 rimorchi, 47 macchine agricole e industriali. Le precedenti confische nel distretto emiliano-romagnolo, tra febbraio e marzo di quest’anno, hanno portato al recupero di beni per un valore complessivo di circa venti milioni di euro, sottraendo alla ‘ndrangheta cinque aziende che operavano in uno dei settori più permeabili in Emilia Romagna: quello dei trasporti. Poche settimane fa, nella Giornata della memoria in ricordo delle vittime di mafia, la pg Musti aveva detto: “Le mafie sono parte della società. Una consapevolezza che deve caratterizzare anche l’operato degli amministratori pubblici, perché menefreghismo, silenzio, sottovalutazione e pressapochismo fanno più danni delle armi”.

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