“L’anno scorso abbiamo perso il 90 per cento del riso a causa della siccità. Non era mai successo. Il futuro del riso è a rischio”. La famiglia Carenzio produce riso in provincia di Pavia da tre generazioni ma da quest’anno ha iniziato a coltivare anche orzo e soia. Il motivo? Gli effetti della crisi climatica che l’anno scorso ha distrutto gran parte del raccolto. Nel 2022 l’azienda è passata da una produzione media di 2mila quintali a soli 150. E così, a meno di un mese dall’inizio della semina del riso si sta ancora valutando che cosa coltivare.

Un ragionamento che i risicoltori stanno facendo in tutto il paese. Nel 2022 la produzione italiana è calata del 30 per cento e Coldiretti stima che nel 2023 saranno coltivati quasi 8mila ettari in meno sui 211 mila ettari totali. Gli agricoltori hanno iniziato a cambiare i modelli di produzione sostituendo il riso con altre colture come l’orzo. Il vantaggio? “Si raccoglie a giugno dunque non bisogna irrigarlo nella stagione più secca” racconta Alex, classe 1989, l’ultimo discendente della famiglia Carenzio. “Ma non si può pensare di riconvertire tutta la produzione – aggiunge – perché abbiamo investito nei macchinari per la trasformazione che non possono essere usati con le altre colture”.

Il futuro del riso è “critico” secondo la madre di Alex, Pinuccia. “Ce ne sarà sempre meno dunque aumenteranno i costi. Già adesso siamo passati da 60 a 130 euro al quintale, prezzi all’ingrosso”. E sarà sempre peggio. L’equazione è semplice: “Sarà sempre più difficile coltivare il riso in Italia dunque i prezzi aumenteranno”. Che fare dunque? “Noi stiamo provando a fare il nostro meglio riconvertendo parte dei campi – spiega Alex – ma speriamo che anche le autorità intervengano non solo con ristori ma con interventi strutturali”. Un esempio? “Gli invasi – risponde Pinuccia – oggi ne parlano tutti ma sono anni che li chiediamo”. I risicoltori chiedono azioni urgenti. “L’Italia è il paese del dopo, cadono i ponti e poi li sistemiamo c’è la siccità arriva e poi la sistemiamo – conclude Alex – ma qui non abbiamo tempo, è già tardi.

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