Non si farà il trasferimento di tutte le salme delle vittime del naufragio da Crotone al cimitero musulmano di Bologna. Finalmente, dopo equivoci e incomprensioni che hanno portato le famiglie a protestare, grazie a una mediazione dei funzionari della prefettura calabrese e della associazione Mobilitazione generale avvocati, si è raggiunta un’intesa. Nel capoluogo emiliano entro oggi andranno – con l’accordo delle famiglie – 14 salme per le quali il Comune di Cutro ha già rilasciato i certificati necessari. Altre 10 partiranno probabilmente domani. Le 17 salme delle vittime per per le quali le famiglie hanno deciso il trasferimento in Afghanistan resteranno invece a Crotone fino a che non saranno superati i problemi burocratici. Il governo, come ha spiegato la prefetta di Crotone Maria Carolina Ippolito, insieme alla Regione Calabria, sosterrà i costi per il rimpatrio per tutte le famiglie delle vittime. La notizia è stata comunicata ai familiari delle vittime dal sindaco di Crotone Vincenzo Voce. La Protezione civile ha messo a disposizione degli autobus per trasportare i parenti delle vittime a Bologna.

La storia era iniziata male, con un sit in dei parenti delle vittime davanti al PalaMilone per protestare contro la decisione del Viminale di trasferire tutte le salme a Bologna. Voleva essere un gesto di attenzione da parte del ministero che aveva spiegato che il trasferimento a Bologna è una soluzione “provvisoria e non definitiva”, presa “per dare immediata dignità alle salme”, anche per il fatto che non è semplice “procedere nell’immediato al rimpatrio in Afghanistan“. Ma evidentemente la comunicazione con le famiglie non ha funzionato e ne è nato un pasticcio che ha portato al presidio del palazzetto dello sport. “Il governo italiano gioca con i morti” recitava il cartello di una donna afgana che nel naufragio di Steccato di Cutro ha perso la figlia ed il genero. Lei arriva dalle Germania come molti dei parenti delle vittime che stanno protestando pacificamente contro la decisione del governo. “Noi vogliamo i corpi delle vittime in Paesi di origine in Afghanistan o dove famiglia vuole” è scritto in un altro cartello che spiega il motivo della protesta. “Hanno cercato di portare via bare senza dire niente prima” dice un altro afgano disteso sulla strada.

Nel frattempo ha cominciato a girare anche l’informazione che il governo italiano non fosse disponibile a pagare i trasferimenti in patria, ma solo quelli interni. “Oggi lo Stato italiano ha comunicato, alle famiglie in attesa da 10 giorni, che i corpi dei loro congiunti non potranno essere espatriati. Non a spese dello stato” si legge in un post su Facebook di Rete 26 febbraio, costituita dopo il naufragio e che riunisce quasi 300 associazioni tra volontariato e ong. “Il presidente Mattarella aveva preso un impegno – dice Abdollhalim Yadgary giovane afgano che vive in Germania e nel naufragio ha perso sei familiari – ma vogliono che qui ora che arriva il governo sia tutto pulito”. “Questa vergogna si aggiunge a due settimane di comportamenti disumani sia per i mancati soccorsi che per il trattamento ricevuto da governo le cui mancanze sono state coperte solo grazie a sacrificio dei volontari delle associazioni” dicono da Rete 26 febbraio. Alla fine è arrivata la risposta definitiva del Viminale che ha chiarito che le spese saranno a carico delle autorità italiane.

Nel frattempo le indagini delle forze dell’ordine hanno accertato che tra le vittime c’è anche uno degli scafisti: si tratta di un trentenne turco, identificato grazie alle dichiarazioni dei superstiti e riconosciuto dai naufraghi. Sempre oggi è stato arrestato il quarto presunto scafista: Gun Ufuk, turco di 28 anni, che dopo il naufragio era riuscito ad allontanarsi e a rendersi irreperibile. L’uomo é stato rintracciato in Austria: sul suo conto pendeva l’ordinanza di custodia cautelare in carcere del tribunale crotonese. Ufuk sarebbe stata la persona cui era affidato il compito di condurre il caicco e avrebbe svolto anche le funzioni di meccanico, intervenendo più volte quando il motore dell’imbarcazione ha manifestato qualche problema. Un migrante afferma anche che “i componenti turchi dell’equipaggio hanno subito preso degli oggetti neri simili a dei tubi che hanno gettato in acqua e si sono tuffati aggrappandosi ad essi per poi scappare”, mentre un altro parla di una fuga in gommone. Un teste lo indica anche come colui che “a volte scendeva personalmente in stiva per controllare le persone poiché il pakistano spesso litigava con noi migranti con atteggiamento provocatorio e non è stato fatto più scendere in stiva. E’ uno di quelli che è scappato con il gommone insieme al siriano e ad un altro turco, sempre per come ho appreso dagli altri migranti“.

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