Quanto ci sia di retorica e propaganda negli impegni aziendali contro il cambiamento climatico emerge da ultimo da uno studio condotto dal quotidiano inglese Guardian e dal tedesco Die Zeit e da SourceMaterial sulle tecniche di compensazione volontarie delle emissioni di carbonio utilizzate da colossi come Shell, Disney, Gucci (guppo Kering) o Lavazza. Aziende che non ricadono nell’ambito di applicazione dei mercati della Co2 istituzionali come l’Ets europeo. Ne emerge che in alcuni casi sono in gran parte prive di una reale efficacia e, anzi, finiscono per essere dannose. Tutto ruota intorno a Verra, organizzazione no profit con sede a Washington che elabora e gestisce gli standard per verificare le ricadute ambientali di azioni per il contenimento dell’emissioni di Co2. Verra ha emesso sinora un miliardo di crediti di carbonio e approva circa tre quarti dei progetti di compensazione a livello globale. In particolare il suo programma di protezione della foresta pluviale rappresenta il 40% dei crediti che rilascia. Il mercato delle compensazioni è in forte crescita e vale ormai due miliardi di dollari l’anno.

Tuttavia l’inchiesta giornalistica ha rivelato come il 90% dei crediti concessi per interventi nella foresta pluviale siano probabilmente “crediti fantasma” a cui non si accompagna nessuna vera riduzione di Co2. Utilizzando queste compensazioni diverse aziende hanno dichiarato e pubblicizzato come “carbon neutral” i loro prodotti, suggerendo ai clienti che acquistandoli non contribuiscono al peggioramento della crisi climatica in atto. L’indagine si è basata su una serie di studi scientifici sulle foreste pluviali e la loro estensione monitorata con immagini satellitari, oltre a diverse interviste a esperti dell’argomento e scienziati. I risultati, sconfortanti, sono stati respinti da Verra che contesta conclusioni e metodologia. Sottolinea inoltre come dal 2009 il suo lavoro abbia consentito di incanalare miliardi di dollari per la conservazione delle foreste.

Molte delle aziende coinvolte (Gucci, Pearl Jam, il colosso minerario Bhp e Salesforce) non hanno voluto commentare. Shell ha detto al Guardian che l’utilizzo dei crediti è “in linea con la nostra filosofia di evitare, ridurre e successivamente mitigare le emissioni”. Lavazza ha dichiarato di aver acquistato crediti certificati da Verra, “un’organizzazione di certificazione leader a livello mondiale”, nell’ambito dell’“impegno serio, concreto e diligente dell’azienda di prodotti per il caffè per ridurre” la sua impronta ecologica. Prevede inoltre di riesaminare con attenzione il progetto. La compagnia EasyJet spiega di aver abbandonato la tecnica della compensazione delle emissioni di carbonio per concentrare il suo impegno per l’ambiente su progetti come “finanziamenti per lo sviluppo di una nuova tecnologia aeronautica a zero emissioni di carbonio”.

Secondo l’inchiesta solo una minima parte dei progetti ha effettivamente ridotto la deforestazione e il 94% dei crediti non ha avuto alcun beneficio per il clima. Secondo uno studio dell’Università di Cambridge il problema sta anche alla radice visto che nei progetti Verra gli impatti in termini di disboscamento sarebbero stati sopravvalutati in media del 400%. Un gruppo di giornalisti ha analizzato i risultati di tre studi scientifici che hanno utilizzato immagini satellitari per verificare i risultati di una serie di progetti di compensazione forestale, noti come schemi Redd+ . Le organizzazioni che creano e gestiscono questi progetti producono le proprie previsioni su quanta deforestazione saranno in grado di fermare. Queste previsioni vengono esaminate da una terza parte certificata da Verra e, se accettate, vengono utilizzate per generare i crediti che le aziende possono acquistare e utilizzare per compensare le proprie emissioni di carbonio.

Il Guardian cita questo esempio: se un’ organizzazione stima che il suo progetto salverà 100 ettari dal disboscamento può utilizzare una formula approvata da Verra per convertirla in quote di Co2 risparmiata. Queste emissioni negative possono quindi essere acquistate da un’azienda e usate per compensare i gas nocivi immessi nell’atmosfera dalla sua attività. Su 29 progetti di questo tipo approvati da Verra ed esaminati dal team di giornalisti, soltanto 8 hanno però mostrato un’effettiva diminuzione dell’attività di deforestazione. L’analisi ha quindi concluso che circa il 94% dei crediti prodotti dai progetti non avrebbero dovuto essere approvati. In 21 progetti non c’è stato alcun beneficio per il clima, sette hanno avuto un effetto tra il 98% e il 52% inferiore a quanto affermato e uno ha addirittura aumentato l’impatto negativo sull’ambiente. Un altro studio del team dell’Università di Cambridge su 40 progetti Verra ha rilevato che in molti casi lo stop alla deforestazione ha interessato aree estremamente piccole. Secondo Verra i metodi utilizzati non sono in grado di registrare il vero effetto sul suolo, il che spiegherebbe la differenza tra i crediti che approva e le riduzioni delle emissioni stimate dagli scienziati.

Articolo Precedente

Deposito su cauzione, il Regno Unito annuncia l’avvio di un sistema per promuovere il riciclo di lattine e bottiglie di plastica

next
Articolo Successivo

Ponza, le immagini del traghetto in balia delle onde sono impressionanti: “Ma dove va? Deve tornare indietro”

next