Per l’Amazzonia il 2022 è stato il peggior anno dal 2007. Mai, in 15 anni, la deforestazione era avanzata così rapidamente. Ma negli ultimi 12 mesi quello che viene ritenuto il polmone verde del pianeta ha perso 10,5 mila chilometri quadrati (10 volte l’estensione della città di Roma, ndr). Una cifra in crescita per il quinto anno di fila. L’incremento dello sfruttamento della foresta coincide con la presidenza di Jair Bolsonaro che durante il suo mandato ha rinnegato molti degli impegni per la tutela dell’area. I dati sono stati diffusi dall’Istituto Imazon, organizzazione senza scopo di lucro con sede in Brasile, che dal 2008 si dedica alla conservazione della foresta pluviale a partire da immagini satellitari. Solo lo scorso dicembre la foresta ha perso 287 chilometri quadrati, il doppio rispetto allo stesso mese del 2021.

L’estensione delle terre sottratte alla foresta pluviale era rimasta al di sotto dei 5mila km/q fino al 2017 con un minimo raggiunto nel 2013 (poco più di mille). A partire dal 2018 l’impennata e la progressione. Nel 2018 sono spariti 5mila km/q, nel 2019 6,2mila, nel 2020 8mila e nel 2021 10,3 mila. L’80% delle aree disboscate (8.443 km/q) nel 2022 si trovano sotto la giurisdizione del governo federale. In questi territori la deforestazione è aumentata del 2% rispetto all’anno precedente, quando sono stati deforestati 8.291 km quadrati. “Speriamo che questo sia stato l’ultimo record che emerge dal nostro sistema di monitoraggio satellitare, poiché il nuovo governo ha promesso di dare priorità alla protezione dell’Amazzonia. Ma, perché ciò avvenga davvero è necessario implementare misure efficaci per combattere la devastazione dell’area. Alcune di quelle già annunciate come la delimitazione delle terre indigene, la ristrutturazione degli organismi di controllo e gli incentivi a generare reddito con la foresta permanente vanno nella giusta direzione”, afferma Bianca Santos, ricercatrice di Imazon.

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