Gli insegnanti non credono più agli scioperi. L’ultimo, quello generale nella scuola del 12 e 16 dicembre proclamato dalla Flc Cgil, ha raccolto l’1,81 per cento di adesioni. Ma non si tratta di un dato circostanziato. Da anni i docenti non protestano perché non tutti si possono permettere di perdere una giornata di lavoro, perché i sindacati sono troppo frammentati e hanno perso di credibilità, perché i dirigenti scolastici spesso fanno pressione per affossare gli scioperi e garantire il servizio. Così spiegano i diretti interessati a ilfattoquotidiano.it. A dirlo sono anche i numeri. Due anni fa, il 10 maggio, il sindacato di Francesco Sinopoli con Uil, Scals, Gilda, Anief, Cobas, Cub, Sisa, Fisi e altri hanno scioperato contro il Governo Draghi ma hanno portato a casa un 6,76% di adesioni. Il 30 maggio scorso anche la Cisl Scuola ha partecipato ad una nuova manifestazione corale: le adesioni sono migliorate ma la quota è stata del 17,53%. Uno degli ultimi numeri è quello dello sciopero del 10 dicembre 2021 quando la Cisl Scuola si è tirata indietro e Flc Cgil, Uil, Snals, Gilda, Anief e Cobasa hanno portato a casa il 6,74% di adesioni.

Dati che hanno creato in queste ore uno scontro tra il ministro dell’Istruzione e del merito Giuseppe Valditara e la Cgil. A dare il pretesto all’inquilino di viale Trastevere per attaccare il sindacato di Maurizio Landini è stato proprio l’ultimo sciopero generale nella scuola. Una guerra che si è presto trasformata in un’occasione per aprire una discussione sul ruolo del sindacato e delle sciopero. Il ministro, dalle pagine de “Il Foglio” ha scritto: “Penso sia cambiato qualcosa in profondità: lo sciopero come strumento di lotta politica non tira più. Si è chiusa o si sta chiudendo un’epoca. È ora di avviare una stagione di confronto costruttivo, nella logica di quella grande alleanza tra docenti, studenti, famiglie, istituzioni, parti sociali che ho da subito auspicato”.

Poche righe più sotto non ha mancato di criticare “l’idea sessantottina della scuola come luogo di militanza politica”, per poi elogiare l’aumento mensile dato ai docenti e segnalare (con la complicità del collega Salvatore Merlo), nel chiaro intento di dividere i sindacati, il sorpasso degli iscritti della Cisl sulla Cgil. Andando ad analizzare i numeri sugli scioperi generali più importanti proclamati da Cgil, Cisl e Uil si scopre che nel 2003 (24 ottobre) il dato di adesione era del 46,75%; l’anno successivo (il 26 marzo) del 35,77%; il 21 maggio del 2004 scende in piazza la pubblica istruzione dei tre confederali e raggiungere il 13,84% ma nello stesso anno a novembre il dato torna a crescere al 44, 94% solo del settore scuola. Il calo inizia dopo il 2010: il 6 maggio del 2011 Flc Cgil con NIdil arriva a portare in piazza ancora il 16,76%. L’unica manifestazione rimasta nella storia del Paese è stata quella contro la riforma della “Buona Scuola” del Governo Renzi: in quell’occasione tutti i sindacati uniti (anche i più piccoli) arrivarono a fermare le scuole: il 5 maggio del 2015, 618.066 (64,89%) persone del mondo della scuola su 1.019.649, non andarono a lavorare (42.331.340,34 trattenute sulle retribuzioni). Un successo mai più registrato. Nel 2016 (20 maggio) Flc, Cisl Scuola, Uil Scuola e Snals non superarono il 9,79%.

A dire cos’è che non funziona più sono i docenti che dal Nord Italia al Sud la pensano allo stesso modo. Josita Bassani è una professoressa militante, dell’“Einaudi” di Cremona. Una di quelle che è in piazza per i diritti delle persone, ma non più per la scuola: “Scioperare è un lusso, non me lo posso permettere. Va detto, inoltre, che i docenti sono una categoria per nulla unita, capaci di muoversi insieme solo se tocchi le loro tasche. I primi anni quando aderivo trovavo comunque immorale che fossero proclamati il lunedì o il venerdì perché consentivano alla gente di dire che li facevano per prolungare il week –end”. In Emilia Romagna c’è, invece, Alessandra Pederzoli, maestra dell’istituto “Terre del Reno”, volto noto della TV dei ragazzi, mamma di una famiglia numerosa: “I sindacati hanno perso credibilità in questo periodo storico. Gli scioperi proliferano e sembra che sia più una lotta tra loro che per noi”. Pederzoli è una di quelle docenti che ogni anno quando c’è l’Invalsi non entra in classe: “Non mi interessa chi lo proclama, io guardo la sostanza”.

Un’altra scoraggiata è Silvia Frezza, insegnante alla “Rodari” all’Aquila: “Li ho sempre fatti gli scioperi. Anni e anni a manifestare. Ma poi che risultati abbiamo visto? Nessuno. Abbiamo lottato contro la Moratti, la Gelmini ma tutto va bene finché un corpo docente non vede un sindacato colluso con i diversi governi. Di fronte alle parole di Valditara c’è una sola risposta: uno sciopero unitario a difesa del nostro diritto”. Non ha smesso, invece, di scendere in piazza la professoressa Lucia Bonacci dell’istituto comprensivo “Borrello Fiorentino” di Lamezia Terme: “Lo facevo da ragazza e continuo a credere che sia necessario davvero fare sciopero ma va detto che molti colleghi non aderiscono per non avere la decurtazione dello stipendio e per non essere invisi ai dirigenti scolastici che ad ogni manifestazione raccolgono a priori le adesioni o meno, esercitando così una sorta di controllo”. Intanto ad aver perso le staffe per le parole di Valditara è il segretario della Flc Cgil scuola Francesco Sinopoli: “Sulla partecipazione agli scioperi siamo i primi a riconoscere che negli ultimi anni essa si è ridotta ma, più che gioirne, il ministro dovrebbe piuttosto preoccuparsene se non altro perché rappresenta, purtroppo, una spia della più ampia crisi della partecipazione di cittadine e cittadini di quella vita democratica di cui lo sciopero e il conflitto sono il sale. Ciò non significa che ci sia consenso nei confronti delle politiche dei diversi governi contro cui abbiamo scioperato”.

Sinopoli non le ha mandate a dire a Valditara: “Siamo schietti: non spetta ad un ministro introdursi nelle dinamiche interne alle organizzazioni sindacali, né spingersi a proclamare crociate contro questa o quella organizzazione per motivazioni ideologiche e/o politiche. Al ministro spetta, invece, il governo dell’istruzione, se ne è capace”. A prendere le distanze da Valditara in maniera diplomatica oggi è intervenuta la segretaria nazionale della Cisl Scuola, Ivana Barbacci: “Sugli ultimi scioperi, mi sarei volentieri astenuta da commenti, vista l’eloquenza dei numeri: per noi si è trattato di una scelta del tutto sbagliata, il cui esito era facilmente prevedibile. Anche per questo suggerirei cautela a chi vuol leggervi addirittura la chiusura di un’epoca: che il primato del conflitto e dell’antagonismo sia per le relazioni sociali un modello superato è noto da tempo; quanto a riconoscere il valore del confronto e del negoziato, non valgono le belle parole ma i fatti, dei quali dunque rimaniamo in attesa. Come avvenuto anche con altri governi, di ogni colore”. E Marcello Pacifico, presidente dell’Anief interpellato da ilfattoquotidiano.it, ha detto: “Non scioperano più perché lo stipendio ormai è ridotto alla soglia del reddito di cittadinanza, e perché c’è disaffezione per battaglie che poi sono ignorate dal legislatore. I lavoratori oggi preferiscono ricorrere nei tribunali e magari dopo qualche anno aver riconosciuto diritti negati. Da questo il successo di giovani sindacati come il nostro che hanno intercettato le nuove forme di protesta”.

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