Arriva una nuova condanna per la gestione della Banca Popolare di Vicenza, che ha fatto finire sul lastrico migliaia di piccoli risparmiatori. Il Tribunale di Vicenza ha inflitto una pena di sette anni all’ex consigliere delegato e direttore generale Samuele Sorato, accusato di falso in prospetto, ostacolo agli organismi di vigilanza e aggiotaggio. I pubblici ministeri Gianni Pipeschi e Luigi Salvadori avevano chiesto undici anni e sei mesi di reclusione. I giudici hanno anche disposto la confisca diretta del denaro utilizzato per commettere i reati fino alla concorrenza di 963 milioni, nonché “la confisca per equivalente di beni personali dell’imputato o di altri beni di cui lo stesso abbia la disponibilità anche per interposta persona”. Si tratta di cifre virtuali, visto che quei soldi non sono stati accantonati da nessuna parte, ma corrispondono al valore del giro di acquisti di azioni finanziati dallo stesso istituto bancario, ovvero il sistema delle cosiddette “baciate”.

Per Sorato, a cui non sono state concesse le attenuanti generiche, anche l’interdizione dai pubblici uffici per 5 anni. La sua posizione è rimasta distinta da quella dell’ex presidente Gianni Zonin e degli altri manager perché l’imputato non aveva potuto partecipare alle udienze del filone principale del processo per ragioni di salute. Era stato operato uno stralcio del fascicolo, mentre il dibattimento a carico di Zonin è arrivato alla sentenza d’appello letta nel mese di ottobre. L’ex presidente di PopVicenza è stato condannato in primo grado a sei anni e sei mesi, poi ridotti in secondo grado a 3 anni e 11 mesi.

Sorato è stato assolto perché il fatto non sussiste dall’accusa di omessa comunicazione di numerosi finanziamenti concessi a terzi soggetti per l’acquisto di azioni sul mercato secondario. L’ex manager non è mai comparso in aula ed è stato ritenuto perfettamente al corrente del meccanismo ideato per sostenere il valore delle azioni della banca, che poi sono rovinosamente franate, azzerandosi. Fabio Pinelli, avvocato difensore di Sorato, ha già annunciato ricorso e ha dichiarato: “Le sentenze si rispettano. La richiesta era stata di 11 anni e 6 mesi. La posizione era complessa perché mediana tra quella di Zonin, dei vice direttori generali e degli altri manager condannati in primo e secondo grado”.

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