Con un colpo di bacchetta magica, scompare dal processo per il crac della Banca Popolare di Vicenza la confisca per equivalente di 963 milioni di euro, quale risarcimento ottenuto da Banca d’Italia e Consob. Ma allo stesso tempo, con un altro colpo di bacchetta ad effetto dovuto alla prescrizione (e all’unificazione in un unico reato di aggiotaggio le singole annualità contestate), si dimezzano le pene per cinque dei sei imputati. “Vogliamo guardare negli occhi Giovanni Zonin, alla lettura della condanna”, avevano detto lunedì mattina alcuni esponenti del movimento Noi che credevamo alla Banca Popolare di Vicenza, presenti in aula per l’ultimo atto, in appello, del processo per la gestione della banca che ha fatto finire sul lastrico alcune decine di migliaia di risparmiatori. L’ex presidente si è presentato, ha ricordato che anche lui ci ha rimesso qualcosa come 25 milioni di euro nella gestione finanziaria di un istituto di credito che egli riteneva solidissimo. Poi le repliche di pubblici ministeri e avvocati.

In serata la sentenza che ha confermato la condanna nei confronti dell’uomo ritenuto responsabile, in quanto per 19 anni è rimasto ai vertici di quella che veniva considerata un’istituzione non solo del mondo economico, ma della comunità politico-sociale del vicentino. Un presidente che controllava tutto e quindi non poteva essere all’oscuro degli aspetti più delicati della gestione. La pena è però ridimensionata La prescrizione ha infatti fatto sentire i suoi effetti sulle accuse di falso in prospetto e aggiotaggio. In primo grado a Vicenza, Zonin era stato condannato a 6 anni e 6 mesi, in appello il sostituto procuratore generale aveva chiesto 5 anni e 10 mesi, i giudici di secondo grado hanno fissato il totalizzatore giudiziario a 3 anni e 11 mesi. Idem per gli ex vicedirettori Paolo Marin e Andrea Piazzetta: si sono visti ridurre i 6 anni rispettivamente a 3 anni 4 mesi 15 giorni e 3 anni e 11 mesi. Esce definitivamente di scena dal processo l’ex consigliere di amministrazione Giuseppe Zigliotto, già presidente di Confindustria di Vicenza, assolto in primo grado. Anche il manager Massimiliano Pellegrini era stato assolto, mentre ora è stato condannato a 3 anni e 11 mesi.

Il punto di novità nel dibattimento che si è tenuto nell’aula bunker di Mestre (8mila parti civili) era costituito dalle ammissioni dell’ex vicedirettore Emanuele Giustini, che aveva modificato le versioni fornite in primo grado, sostenendo che anche Zonin fosse a conoscenza del meccanismo delle azioni “baciate”, finanziamenti erogati dalla banca per promuovere l’acquisto di azioni di Popolare di Vicenza, in barba alle disposizioni di legge e agli accantonamenti da inserire in bilancio. Solo con quel meccanismo il valore delle azioni era rimasto per anni elevato, nonostante la crisi, per poi precipitare ad un valore vicino allo zero. Come riconoscimento della collaborazione l’accusa aveva chiesto una condanna a 4 anni e 7 mesi, a fronte dei precedenti 6 anni e 3 mesi. La corte ha riconosciuto la prevalenza delle attenuanti generiche e ha fissato la pena in 2 anni e 7 mesi.

Giustini aveva messo a verbale: “Era evidente che una delle prime conseguenze della diminuzione del valore delle azioni di Banca Popolare di Vicenza sarebbe stata causa di un malumore dei soci in sede assembleare e quindi anche una difficoltà, in particolare, del presidente Zonin ad essere rieletto a tale incarico. Contrariamente a quanto dichiarato, ero consapevole, al pari ‘dei vertici della Banca’ che le azioni finanziate, ovvero le cosiddette ‘operazioni baciate’, non erano dedotte dal patrimonio di vigilanza e, quindi, i relativi importi contribuivano al raggiungimento dei requisiti patrimoniali prudenziali”. Quali vertici, se i componenti del consiglio di amministrazione erano quasi tutti stati prosciolti? “Il fenomeno delle operazioni baciate – aveva aggiunto Giustini – era conosciuto a tutti i livelli della banca, a partire dal Presidente Zonin. C’era una meticolosa attività di ingerenza della Presidenza nella operatività della banca. Zonin era il vero amministratore delegato, tutte le decisioni passavano per la sua approvazione e condivisione. In quanto all’ammontare del fenomeno delle baciate, ero consapevole che si trattasse di un controvalore significativo, di alcune centinaia di milioni di euro, anche se non avevo conoscenza dell’importo preciso, sicuramente era un fenomeno diffuso e importante ed ero consapevole dell’impatto significativo di esse sul patrimonio di vigilanza”.

“Al di là delle riduzioni di pena è una sentenza positiva”, ha commentato Luigi Ugone, portavoce dell’associazione Noi che credevamo nella banca Popolare di Vicenza. “Abbiamo sempre detto che volevamo verità e giustizia. Abbiamo avuto un nuovo pezzetto di verità e giustizia anche se le riduzioni erano attese a causa della prescrizione. Adesso due gradi di giudizio hanno accertato chi sono stati i colpevoli”. Poco importa ai risparmiatori la revoca della confisca per 963 milioni di euro a beneficio di Banca d’Italia e Consob. Loro guardano ai soldi accantonati per i risarcimenti: “Nessuno tocchi i 500 milioni di euro di avanzo che ora devono essere distribuiti, come dice la Legge, agli aventi diritto”.

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