Piombino non molla. Sta per arrivare al capolinea il braccio di ferro tra la città e il presidente della Toscana e commissario straordinario Eugenio Giani, che ha annunciato per il 27 ottobre la decisione finale sul rigassificatore nel porto di Piombino, ma che da mesi non manca occasione per manifestare il suo ottimismo in proposito. Il tempo stringe e alla vigilia dell’ultima conferenza dei servizi, prevista per venerdì in Regione a Firenze, dove è già annunciato il presidio di una delegazione di manifestanti, la città risponde con una manifestazione con migliaia di persone e uno sciopero generale indetto dal sindacato Usb.

I comitati contro il rigassificatore nei giorni scorsi avevano lanciato l’appello per una partecipazione numerosa e la risposta non si è fatta attendere. Difficile quantificare il numero in modo esatto: almeno 3mila ad ogni modo. La gente accorre sotto un sole già caldo a gruppi fin dalla prima mattinata al punto di incontro del Centro giovani, proprio all’ingresso della città. L’appuntamento è per le 10, ma già molto prima la strada è gremita.

Pensionati e lavoratori in cassa integrazione delle acciaierie lì vicino, studenti delle superiori e delle elementari, impiegati, commercianti che per l’occasione hanno abbassato la saracinesca. Tutti insieme per dire no alla nave rigassificatrice che dallo scorso aprile il ministro per la Transizione ecologica Roberto Cingolani ha calato con una mossa a sorpresa sul porto di Piombino per rispondere all’emergenza energetica legata alla guerra scatenata dalla Russia in Ucraina.

Tutti con un cartello, uno striscione, uno slogan da mostrare o da urlare contro il rigassificatore e un sistema che ha isolato la città e i suoi abitanti dal resto del paese. In mezzo alla strada il furgone dell’Usb e la musica di Gaber sparata alta, a sottolineare un sentimento diffuso tra la gente. “Io non sono italiano, ma per fortuna o purtroppo lo sono”. Sventolano le bandiere dell’Italia, Rifondazione, Cinque stelle, Fratelli d’Italia, Italexit.

“Nessuno ci hanno chiesto niente – urla una signora che tiene per mano una bambina – Questa non è democrazia, in televisione ci fanno le imboscate, non ci danno mai il tempo per spiegare, sono anni che ci promettono le bonifiche, anni che viviamo una crisi economica da paura e ora che ci siamo rimboccati le maniche per trovare nuovi sbocchi ci piazzano una bomba in porto vicino alle case”. Parte l’applauso e poi i cori, contro Draghi e le multinazionali, contro Giani soprattutto. “Buffoni”, si urla. “La sicurezza non si compensa”, si legge negli striscioni, alludendo alle bonifiche già promesse negli anni e mai mantenute che Giani ha pensato di rilanciare in cambio del rigassificatore. Senza successo. “E’ l’ennesima presa in giro – aggiunge un signore di mezza età – Ricordiamoci piuttosto della Moby Prince e di Viareggio, ci vogliono vendere per l’interesse di pochi, l’emergenza nazionale non c’entra niente”.

In testa al corteo Ugo Preziosi del comitato contro il rigassificatore avanza lentamente, preceduto dalla polizia. In una mano la Costituzione italiana, nell’altra il megafono, sulle spalle la bandiera della pace. “Abbiamo già vinto – dice – un’intera città è scesa in piazza a manifestare, noi non molleremo. Se ci sarà l’ok di Giani ci sarà anche il ricorso, oltretutto Giani non è tenuto ad esprimersi il 27, lo ha deciso lui”. Ancora applausi, il corteo passa a fianco del monumento ai caduti sul lavoro, sotto c’è una scritta, è l’articolo uno della Costituzione. “L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro, la sovranità appartiene al popolo”, si legge. Una signora la indica e urla: “A Piombino è stata violata la Costituzione”. Si uniscono i bambini e le insegnanti della primaria che ieri hanno firmato un documento contro il rigassificatore. “Piombino ha già dato” è il tormentone che da mesi ripetono tutti. Anche oggi. Prima nel corteo, poi durante il comizio in piazza Cappelletti, a turno, i rappresentanti dei comitati, degli studenti, il sindaco Francesco Ferrari, il senatore del gruppo misto Gianluigi Paragone. “Se la democrazia non è in grado di reggere una dose minima di dissenso è ammalata”, dice. Al sindaco la parola per un ultimo appello: “Chiedo al presidente Giani di rivestire il suo ruolo di commissario straordinario che non è quello di autorizzare l’opera, ma di verificare se ci sono le condizioni per autorizzarla”.

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