La Svezia blocca le indagini congiunte con Germania e Danimarca sulle esplosioni del Nord Stream. Il governo svedese afferma che “la classificazione di sicurezza dell’indagine è troppo alta” per condividere il risultato con altri paesi.

A questo punto il giallo delle esplosioni legate al Nord Stream si complica ulteriormente con la Svezia che pone questa condizione: forse per accelerare il suo ingresso nella Nato? Säpo, il servizio di sicurezza svedese, su un’indagine subacquea condotta nella Zona Economica Esclusiva (ZEE) svedese, ha concluso che si tratta sicuramente di esplosioni che hanno causato danni significativi sui North Stream 1 e 2 ed è quindi ormai palese l’idea di sabotaggio.

Säpo informa di aver “effettuato sequestri”, sebbene non siano seguite ulteriori spiegazioni su ciò che è stato sequestrato. Già nel precedente post sull’argomento mi chiedevo a chi poteva creare vantaggio un atto di sabotaggio, escludendo quasi automaticamente la Russia la quale si è dichiarata da subito pronta a collaborare nelle indagini in corso. L’arma di pressione di Putin verso l’Europa è stata sin dall’inizio appunto il gas che vendeva trasportandolo soprattutto attraverso i due gasdotti del Baltico e – con i guadagni realizzati – di fatto la Russia finanziava la guerra in Ucraina.

Risulta alquanto improbabile che il premier russo avrebbe di fatto utilizzato robot o droni che con 500 kg di esplosivo arrivati vicini alla costa danese avrebbero fatto esplodere i due gasdotti dall’interno. Di sicuro ci sono altre ipotesi legate a questo giallo bellico. Che dietro ai sabotaggi ci sia invece la mano statunitense, la quale tenta di distruggere economicamente la Russia, ma anche di fatto indebolire ulteriormente l’Europa? Un gasdotto duramente osteggiato dagli Stati Uniti che fin dai fatti del Maidan a Kiev del 2014 cercano di interrompere la saldatura tra la potenza energetica russa e la potenza economica europea. Impossibile non ricordare che Washington è stata ferocemente ostile al progetto Nord Stream 2 fino a minacciare più volte Berlino. Senza dimenticare il tweet dell’ex ministro degli Esteri e ora parlamentare dell’Ue, Radosław Sikorski, che aveva pubblicato una foto del gas che fuoriusciva dal Nord Stream accompagnata dalle parole “Grazie, Usa”.

Un interrogativo chiave secondo gli esperti ingegneri è legato al perché un gasdotto inattivo fosse a 105 bar quando la pressione di contrasto sarebbe stata sufficiente a 10 bar: l’ipotesi che i tedeschi stessero riempiendo le riserve dopo aver dichiarato di non essere propensi ad importare altro potrebbe risultare interessante, con la conseguenza che gli americani si siano accorti della loro inaffidabilità e abbiano deciso di intervenire immediatamente.

Ad oggi quel tipo di tecnologia oltre ad essere in mano a Mosca e Washington è anche in mano agli ucraini che l’hanno ottenuta dal Regno Unito. Si tratta di dispositivi leggeri per l’utilizzo dei quali la Marina dell’Ucraina è stata addestrata.

Gli attacchi alle infrastrutture potrebbero comunque significare una nuova fase nella guerra dell’energia tra Russia ed Occidente. L’idea che le infrastrutture energetiche e di comunicazione sottomarine possano rientrare negli obiettivi del conflitto costringerebbe le forze armate europee a prepararsi per un nuovo fronte. La minaccia di un drone viene pienamente compresa, e pertanto gli obiettivi sensibili vengono protetti con batterie missilistiche.

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