Cultura

“Cultura: nuovi assunti e più giovani, competenze su bitcoin e Nft e lo studio vero di Pompei”: le priorità del nuovo ministro secondo i “maestri” del settore

Ilfattoquotidiano.it ha chiesto quali sono le emergenze per il successore di Franceschini a quattro veterani e punti di riferimento assoluti della gestione del patrimonio pubblico: Claudio Strinati, Cristina Acidini, Andrea Carandini e Caterina Bon di Valsassina. Se al primo posto per tutti c'è la necessità di nuove assunzioni (e svecchiamento del personale), l'accento si sposta anche sulla comprensione delle nuove tecnologie e la sburocratizzazione degli appalti: "Una tavola di Raffaello non è un metro di autostrada"

di Marco Ferri

Chiunque succederà all’attuale ministro della Cultura Dario Franceschini troverà ad attenderlo una serie di problemi che sono più urgenti degli altri. Sì, ma quali? Per cercare di individuare i principali, ci siamo rivolti a quattro “saggi” del ministero, personalità che in passato hanno avuto alti incarichi di responsabilità e che conoscono alla perfezione la “macchina” del ministero. Claudio Strinati, già soprintendente per il Polo museale romano dal 1991 al 2009, dice che “un problema molto consistente, ma che è eterno, è il rapporto tra il ministero e le organizzazioni sindacali. Perché adesso più che mai si pone il problema del personale del ministero, con la necessità di fare delle assunzioni, di riorganizzazione e di attribuzione di nuovi incarichi al personale che è già attivo. Un accorato appello al ministero l’ha emesso appena qualche giorno fa il direttore degli Uffizi, dichiarando che la situazione del personale è ormai disastrosa, manca soprattutto quello della funzione di custodia, basilare per la vita del ministero. Il direttore generale dei Musei, Massimo Osanna, ha riconosciuto la difficoltà e promesso assunzioni, per cui il nuovo ministro dovrà trasformare queste previsioni in azioni, il più possibile veloci ed efficienti”.

Tre punti sostanziali sono invece individuati da Cristina Acidini, già soprintendente per il Polo museale fiorentino dal 2006 al 2014: “Innanzitutto il personale è una priorità da tempo, ma ultimamente, con l’avanzare dell’età media dei funzionari e i pensionamenti, certi posti chiave sono in sofferenza oppure sono affidati a personale non esattamente formato per quelle. C’è bisogno di rinnovare i ranghi con persone giovani che, oltre ad avere competenze specifiche, abbiano anche quel tipo di know how che viene richiesto, e che è aggiuntivo rispetto alle tradizionali discipline impartite negli atenei. Cioè che abbiano familiarità, e qui vengo al secondo punto, con le nuove tecnologie, per potersi esprimere attraverso i canali messi a disposizione dal web, ma anche per gestire in modo appropriato quella materia foriera anche di problemi, che è il metaverso, dove troviamo di tutto, dai bitcoin agli Nft che tanti problemi hanno creato. Vi è poi il territorio. Dal 2014 la concentrazione degli interessi, di risorse umane e finanziarie, per altro benvenute, presso i musei autonomi, ha finito per penalizzare i musei cosiddetti minori, come quelli dei poli regionali e anche qualche carenza nella tutela territoriale. Il nostro patrimonio diffuso, quello che è fuori dai musei statali, è comunque di prim’ordine e bisognoso di attenzioni e di tutela”.

L’archeologo Andrea Carandini, già presidente del Consiglio Superiore dei Beni Culturali e per cinque anni presidente del Fondo Ambiente Italiano, se la piglia inizialmente con l’istruzione: “I problemi del ministero che si occupa di tutta la cultura sono quelli che riguardano tutta la classe dirigente italiana che ha distrutto la scuola, che adesso è tutta da ristrutturare. A parer mio questo è il problema più grave di cui nessuno parla. E per beni culturali sarebbe troppo lungo enumerare tutte le emergenze. Gliene indico una: la città di Pompei è completamente inedita, non studiata. Andrebbe tutta pubblicata. Se uno studioso sta in Arizona non può studiare Pompei. Ciò nonostante Franceschini è stato un buon ministro, anche se su Pompei non ha fatto bene; restano tuttavia delle lacune da superare, come uno dei problemi mai risolti, ovvero gli stuoli di funzionari e quelli dei professori universitari dovrebbero lavorare insieme. Come fanno i medici universitari e quelli degli ospedali. Invece nei vari comparti della cultura italiana ciò non accade. Se n’è parlato molto, ma non accade niente perché le difese corporative sono sempre in azione”.

Infine il parere di Caterina Bon di Valsassina, già direttore generale della Ricerca ed Educazione del ministero, che al nuovo ministro raccomanderebbe di occuparsi prima di tutto di tre argomenti: “Il rafforzamento del numero dei funzionari tecnici che, nonostante i concorsi, ancora mancano. Il loro numero deve crescere perché rappresentano l’essenza del ministero della Cultura. Intendo storici dell’arte, archeologi, architetti, anche geometri. Secondo punto: vorrei si verificasse la possibilità di alleggerire l’applicazione del Codice degli appalti al patrimonio. Perché rischiamo di trattare una tavola di Raffaello come un metro di autostrada, cioè con le stesse regole, gli stessi adempimenti. Terzo punto: io sono favorevole alla riforma del ministero e all’autonomia dei musei. Però affinché tutto funzioni tocca tornare al punto 1 e cioè rafforzare il personale tecnico, anche delle soprintendenze che sono le più penalizzate, insieme agli istituti che si occupano del patrimonio di carta, come a esempio archivi e biblioteche. Andrebbe attutita questa separazione tra ‘figli e figliastri’ e tornare al precedente equilibrio”.

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