Cinema

Jafar Panahi, in carcere in Iran ma “presente” a Venezia con un film da premio

Presenti a onorare la premiere mondiale del film - prima della quale è stato organizzato un flash bob in sostegno degli artisti iraniani tuttora in carcere - sono R. Heydari, montatore del suono e anche attore in quel ruolo nel film, e l’attrice Mina Kavani, esule a Parigi

di Anna Maria Pasetti

La sedia vuota a cui ormai siamo abituati da troppi anni presso diversi festival internazionali. Jafar Panahi è in carcere, ma il suo magnifico Khers nist (in italiano Gli orsi non esistono) è libero di farsi applaudire al concorso della 79ma Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica. Un finale in crescendo della corsa al Leone d’oro da cui, quasi certamente, questa nuova opera del cineasta iraniano non uscirà senza qualche riconoscimento di peso. E meritatamente. Presenti a onorare la premiere mondiale del film – prima della quale è stato organizzato un flash bob in sostegno degli artisti iraniani tuttora in carcere – sono R. Heydari, montatore del suono e anche attore in quel ruolo nel film, e l’attrice Mina Kavani, esule a Parigi. “Speriamo sia liberato al più presto, Jafar è il nostro maestro, deve tornare tra noi. Al momento possono visitarlo solo i parenti stretti, ma i suoi avvocati stanno lavorando affinché sia scarcerato”.

Film importante sia politicamente che cinematograficamente, Gli orsi non esistono è una riflessione sul confine a livello tanto territoriale quanto metaforico quale sintomo e simbolo di quella sottile linea che separa la realtà dalla finzione, la verità dalla menzogna, la parola dal silenzio, e il visibile dall’invisibile. E ancora la paura dal coraggio, e in definitiva la scelta di rimanere o lasciare la Patria. Panahi, che tale confine non è autorizzato a valicare e che in teoria non potrebbe neppure girare film “ufficialmente”, lo attraversa filtrato dal suo sguardo resistente, che nessuna intenzione ha di arrendersi, perdurando l’utilizzo del dispositivo meta-cinematografico quale sostanza della sua protesta politica e civile. Del resto tale posizione è espressa con chiarezza in una frase del film“è la nostra paura a dare il potere a chi ci nega la libertà”. Dramma di doppia ambientazione in cui Panahi stesso incarna il ruolo di un regista, Gli orsi non esistono mette in scena le riprese di un film presso una città turca ai confini con l’Iran diretto in remoto via computer dal cineasta che si trova in un villaggio montano di poche anime presso la frontiera tra i due stati.

Le difficoltà crescono con lo scorrere del tempo dentro e fuori le riprese del film-nel-film, laddove una coppia di aspiranti esuli soccombe davanti all’autorità e implode nella menzogna, mentre al di qua del confine Panahi si trova ad affrontare le diatribe ancestrali di un villaggio arcaico e meschino, ancora timoroso della superstizione. I fili narrativi sapientemente congeniati dal cineasta, anche autore di soggetto e sceneggiatura, arrivano a confluire in una spirale disperata e disperante di risoluzione se non, e anche qui sta la grandezza dell’opera, unicamente attraverso la forza delle immagini, sia fotografiche che cinematografiche, in cui Jafar Panahi continua a credere perché “anche mentire sotto giuramento va bene se porta alla pace”. Il film uscirà nelle sale per Academy Two il 6 ottobre prossimo.

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