Maria Cristina Messa tornerà alla Bicocca, come nulla fosse successo. A luglio il Fatto ha rivelato come e quanto si era spesa da rettrice per far ottenere a tre studentesse nelle sue grazie il titolo di master cui non avevano diritto, e molto altro ancora. Notizie mai smentite dall’università, cui sono seguite interrogazioni e richieste di dimissioni cadute poi nel vuoto con la crisi di governo. C’è però chi ha voluto andare a vedere come promuovesse il merito oltre il caso specifico, scoprendo che quasi il 90 per cento dei posti banditi è stato attribuito a studiosi già incardinati presso la Bicocca. Concorsi formalmente aperti a tutti, al lato pratico destinati solo ad alcuni.

E’ il professor Pasquale Gallina, neurochirurgo cosentino che insegna a Firenze, già vittima suo malgrado di una vicenda di concorsi truccati al centro dell’ennesima bufera giudiziaria. Gallina ha utilizzato lo stesso metodo scientifico di un precedente studio sulle criticità del reclutamento dei professori nelle scuole di Scuole di Medicina toscane tra il 2012 e il 2019. Lo studio fu pubblicato su Lancet nel 2020 e i risultati fecero scalpore: l’analisi dei concorsi espletati dimostrava con metodo e rigore scientifico che nella stragrande maggioranza dei casi la selezione del “corpo docente” premiava i candidati interni e non i migliori, grazie a meccanismi elusivi della legge come il bando su misura del candidato prescelto.

Gallina ha applicato la tessa metodologia al reclutamento dell’Università di Milano Bicocca, relativo al periodo (29 maggio 2013 – 11 giugno 2019) in cui è stata retta dall’attuale ministra Maria Cristina Messa. Nel complesso, durante il periodo di rettorato della professoressa Messa, 247 posizioni per professore associato e ordinario, pari al 89.4 per cento dei posti banditi, sono state attribuite a studiosi già incardinati all’università Bicocca. Nessun professore proveniva da un’istituzione estera, come pure la legge rende possibile. “Una selezione del corpo docente marcatamente orientata alla premialità interna riflette logiche clientelari. Altresì, un numero minimo o molto basso di partecipanti è indicativo della volontà di chi bandisce di “direzionarne” l’esito. Lo si fa ricorrendo al “tailoring”, un meccanismo elusivo della Legge, che consiste nel “cucire sartorialmente” il profilo curriculare del bando sulle peculiari caratteristiche di un dato candidato. Il combinato disposto di questi fattori, riflette in maniera nitida come chi ha bandito e gestito i concorsi non era interessato al merito, ma a perseguire logiche di potere accademico contrarie ad esso”.

Gallina sta lavorando ad altre analisi sull’università italiana umiliata da nepotismo, clientelismo e subordinazione politica. “Diversi studi lo hanno messo a nudo su prestigiose riviste come Lancet e Science. Nessuna azione ministeriale, né riflessione politica ha fatto seguito a critiche provenienti da fonti così autorevoli. L’apertura di uno squarcio sul malcostume del mondo accademico è da ricondursi all’azione di pochi coraggiosi che hanno denunciato i misfatti, promuovendo indagini giudiziarie ed inchieste giornalistiche. Il dibattito che ne è conseguito si è focalizzato, a mio parere poco lucidamente, su presunte debolezze della Legge 240/10 (legge Gelmini, ndr). Un paradosso, come se si potesse attribuire ad una legge, la responsabilità della sua violazione o del tradimento del suo spirito, piuttosto che all’agire disonesto o quantomeno spregiudicato di chi dovrebbe applicarla”.

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