“Abbiamo cinquantamila mascherine mandate alle scuole dallo Stato mai utilizzate da smaltire. Che dobbiamo farcene?”. A porsi questa domanda è Andrea Guerrieri, assessore ai servizi sociali e alle politiche giovanili del Comune San Giustino, diecimila abitanti nel cuore verde dell’Umbria. Qui i dirigenti scolastici che stanno preparando il rientro in aula a settembre hanno chiesto aiuto all’amministrazione comunale con la quale hanno sempre collaborato per la realizzazione dei progetti educativi e per la manutenzione degli edifici.

Per mesi le dieci scuole del territorio hanno accumulato dispositivi chirurgici che il Commissario straordinario per l’emergenza Covid ha continuato ad inviare, nonostante nessun alunno le indossasse. Sono le famose “mascherine mutanda”, chiamate così dai bambini e dalle loro famiglie perché poco conformi al volto dei ragazzini; troppo larghe per alcuni, per altri troppo strette, per molti maleodoranti.

Le lamentele sono arrivate da ogni parte: sui social, sui giornali, in televisione. Sulla scrivania del ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi sono giunte anche alcune interrogazioni ma nulla da fare. Domenico Arcuri, prima e il generale Francesco Figliuolo poi non hanno mai smesso di mandare a tutte le scuole della Repubblica le mascherine.

Nessuno ha mai fatto un’indagine per verificare se fossero davvero usate o meno. Per alcuni mesi le famiglie hanno comprato ai figli mascherine chirurgiche in farmacia e hanno buttato quelle dello Stato. Negli ultimi tempi, invece, nemmeno i presidi le hanno più distribuite perché i ragazzi erano già dotati. Risultato? Pacchi e pacchi da cinquecento dispositivi l’uno sono stati messi nei magazzini, negli scantinati o in spazi non utilizzati. “A San Giustino – spiega il membro della giunta – i dirigenti avevano la necessità di sgomberare alcune aule che tra un mese circa torneranno ad essere adoperate. Ci hanno chiesto una mano e noi le abbiamo raccolte in uno spazio che ora, a sua volta, dobbiamo liberare perché nascerà un centro d’aggregazione giovanile. Abbiamo cento scatoloni circa e non sappiamo che farcene. Cerchiamo qualcuno del mondo del volontariato o altri che possano prenderle ma abbiamo compreso che non sarà facile darle tutte a loro”.

Guerrieri è sconsolato. In questi anni l’amministrazione ha lavorato per un obiettivo: aumentare la raccolta differenziata fino ad arrivare al porta a porta. “Ora se dovremo buttare queste mascherine ci troveremo di fronte ad un’enorme sconfitta. Lo Stato ci costringe ad uno spreco di beni e di denaro pubblico allucinante. Non solo. Nessuno ha pensato al danno ecologico che si è fatto in questo modo. È una follia”.

Una situazione che è replicabile per ogni città o paese italiano dove ancora oggi ci sono centinaia di scatoloni uno sopra l’altro che non saranno mai aperti e che prima o poi finiranno al macero. Chi non li ha ancora gettati è perché teme di essere denunciato per un danno all’erario. “Noi – dice Guerrieri – cercheremo fin all’ultimo una soluzione perché ci piange il cuore vedere buttati i soldi della gente, i soldi di ciascuno di noi”.

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