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Concerto dei Maneskin e allarme Covid, la parola all’esperto: “Rischi minori all’aperto, ma raccomando la mascherina. Un divieto sarebbe dettato più da ragioni politiche che scientifiche”

L'intervista professor Carlo Signorelli, ordinario di Igiene e Sanità pubblica all'Università Vita-Salute San Raffaele

di Ennio Battista

Da una parte l’appello dei medici a considerare fortemente a rischio di contagio il concerto dei Maneskin – previsto a Roma il prossimo 9 luglio, con attese 70mila persone – e dall’altra la determinazione dell’amministrazione capitolina a mantenere la data dell’evento. L’assessore ai grandi eventi, turismo, sport e moda di Roma Capitale, Alessandro Onorato, dichiara infatti che non c’è nessuna ipotesi di rinvio del concerto e che verranno adottate tutte le precauzioni e gli accorgimenti che le autorità sanitarie indicheranno perché tutto possa svolgersi in sicurezza. Questo però non basta a calmare le acque e a risolvere i dubbi sull’opportunità di autorizzare eventi del genere. Abbiamo chiesto al professor Carlo Signorelli, ordinario di Igiene e Sanità pubblica all’Università Vita-Salute San Raffaele, un parere sulla questione.

Professor Signorelli, qual è la sua idea su questi eventi? Andrebbero limitati nel numero di partecipanti?
“Occorre sempre fare una distinzione tra eventi al chiuso e all’aperto. In quest’ultimo caso siamo di fronte a situazioni di gran lunga meno rischiose. Quello che conta, ai fini scientifici, più che considerare il numero di partecipanti, è stabilire se le persone mantengono la giusta distanza durante un concerto, per esempio se stanno sedute allo stadio – che andrebbe meglio – o se invece stanno ammassate davanti al palco”.

Quali altre regole di sicurezza dobbiamo osservare se si partecipa a un concerto?
“Andrebbero vivamente consigliate le mascherine, che non vanno considerate come strumenti punitivi ma di protezione individuale. Soprattutto per le persone più a rischio. Sappiamo che i soggetti giovani e sani rischiano molto meno; diverso il discorso per chi soffre di una patologia, gli anziani o non ha completato il vaccinale”.

Eventi al chiuso hanno però maggiori criticità.
“Sì, per esempio c’è meno dispersione di aria ed è più difficile allontanare il contatto col virus. Molto dipende dagli impianti d’aerazione esistenti nei luoghi dell’evento. Importante è anche l’altezza dei soffitti, altro fattore che può ridurre o aumentare il rischio di contagio. Una possibile cautela, se l’ambiente non è ben aerato, è creare delle correnti d’aria, come d’altronde dovrebbe essere fatto in casa per prevenire maggiormente un contagio. E a maggior ragione, in questo caso va raccomandato l’uso della mascherina”.

Ma come, le mascherine in un concerto dove si canta a squarciagola?
“Mi limito a evidenziare le precauzioni di chi vuole tutelarsi ed è più a rischio. Certo, il cantare e gridare vicino a una persona provoca una potenziale emissione di virus molto elevata”.

Pensa ci sia il rischio di uno stop a breve di questi eventi?
“In questo momento la variante in circolazione del virus è poco aggressiva. La pressione ospedaliera sembra sostenibile, per cui non vedo campanelli d’allarme gravi sul fronte della sanità pubblica. Ma sono considerazioni che dobbiamo fare in base ai dati che abbiamo a disposizione. La nostra raccomandazione a rispettare le regole di prevenzione dei contagi è rivolta soprattutto alle categorie più fragili, anziani, con patologie presenti, trapiantati. Per gli altri casi non sembra ci siano situazioni gravi. Certo, chi ha fatto il ciclo completo di vaccinazione va incontro a meno rischi di forme gravi e ospedalizzazioni”.

Quindi non auspicherebbe uno divieto per questi eventi.
“Il divieto sarebbe dettato più da ragioni politiche che scientifiche. In passato si sono prese decisioni politiche forse un po’ sproporzionate rispetto ai rischi reali. L’unica regola da seguire che posso affermare è quella scientifica, che mi porta a indicare dove e quando esistono dei rischi, che ne è più esposto e come proteggersi”.

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