Il 31 marzo scorso è stata una data cruciale per 42 599 famiglie dello Stato di San Paolo, sud-est del Brasile. Quel giorno infatti scadeva la misura cautelare emessa dal Supremo Tribunale Federale – STF (ADPF 828), che aveva sospeso gli sfratti durante il periodo della pandemia. Per evitare la massiccia ondata di sfratti derivanti dalla fine dell’ADPF 828 e sotto lo slogan “Prorroga STF”, il 17 marzo erano state realizzate manifestazioni di protesta in diverse città del Brasile.

A rischio immediato si trovavano decine di migliaia di famiglie solo nello Stato di San Paolo: circa 200.000 persone in totale, delle quali 150mila donne. Nella città capitale dello Stato, l’omonima San Paolo, la moltitudinaria manifestazione è partita dall’Avenida Paulista e ha poi marciato verso il centro, per convergere di fronte alla Corte di Giustizia della città (TJ-SP). Una delegazione è stata accolta all’interno della Corte e ha chiesto misure urgenti in merito agli sfratti, tra le quali l’estensione della vigenza dell’ADPF 828. A guidare e organizzare quest’azione è stata la campagna “Despejo Zero” (Sfratti Zero): articolazione nazionale che riunisce più di 175 organizzazioni, enti, movimenti sociali e collettivi per agire contro gli sgomberi e gli allontanamenti forzati delle famiglie dal luogo di residenza. Una piattaforma lanciata nel luglio 2020, nel pieno della pandemia di Covid-19, che non è contingenziale ma affronta un problema strutturale nelle città brasiliane: la mancanza di alloggi adeguati per tutti.

Nella delegazione, insieme a Despejo Zero si trovavano anche rappresentanti del PSOL (Partido Socialismo y Libertad, il partito nel quale militava Marielle Franco) e del Movimento dei lavoratori senza fissa dimora (MTST per la sua sigla in portoghese). L’azione ha portato i frutti sperati, o quantomeno ha fatto guadagnare del tempo. Luís Roberto Barroso, ministro del Supremo Tribunal Federale (in carica dal 2013 sotto la presidenza di Dilma Rousseff) ha infatti firmato un’ingiunzione che prolunga la vigenza dell’ ADPF 828 (denuncia di inosservanza di un precetto fondamentale) fino al 30 giugno 2022. La richiesta accettata e prorogata da Barroso era stata inizialmente depositata nel maggio 2021, sostenendo che ulteriori sfratti renderebbero lo Stato direttamente responsabile della violazione di diritti costituzionali alla vita, alla salute e alla casa, nonché alla dignità umana.

La crisi sanitaria causata dalla pandemia ha fatto crescere il movimento politico attorno al dibattito sull’allontanamento forzato delle famiglie dai luoghi di residenza. La discussione è finita al Supremo Tribunale Federale, che aveva inizialmente sospeso gli sgomberi fino al 31 dicembre dello scorso anno, prorogando poi il termine al 31 marzo 2022 e ora fino a giugno. Nella richiesta della nuova proroga, i firmatari hanno sottolineato che il ritorno agli sfratti minaccerebbe direttamente ben 132 mila famiglie in tutto il Paese.

Nel periodo marzo 2020-febbraio 2022, la campagna Despejo Zero ha realizzato un monitoraggio costante, raccogliendo dati e sistematizzandoli in questo report accessibile a tutti. Nel documento scopriamo che nei due anni oggetto di osservazione, più di 27.600 famiglie sono state sfrattate in Brasile (durante la pandemia). In 106 casi (22.868 famiglie) si è riusciti a tutelare il diritto alla casa grazie alla mobilitazione e attivazione degli enti di difesa, in particolare dei difensori pubblici. Altre 14.600 persone sono state tutelate direttamente dagli sfratti grazie alle denunce presentate al Supremo Tribunale Federale sulla base dell’ADPF 828.

Inoltre, sempre dal sito della campagna Despejo Zero si legge che nel corso dei due anni della pandemia, gli Stati che hanno registrato il maggior numero di famiglie sfrattate sono stati: San Paolo (6.017), Rio de Janeiro (5.560) e Amazonas (3.731). Significativo anche il numero delle famiglie sfrattate a Paraná (1.706), Goiás (1.623), Pernambuco (1.595) e Ceará (1.472). Infine, anche nel Distretto Federale, ben 435 famiglie sono state sfrattate tra il 2020 e il 2022.

Rud Rafael, coordinatore nazionale del Movimento dei lavoratori senza fissa dimora (MTST) e membro della Campagna Sfratti Zero, intervistato da Brasil de Fato ha spiegato che: “È assolutamente inaccettabile che nel contesto della più grande crisi sanitaria vissuta nell’ultimo secolo, che ha richiesto alle persone di rimanere a casa per proteggersi, si sia registrato un aumento di oltre il 600% delle minacce di sfratto e del 333% delle rimozioni forzate di famiglie dalla loro residenza”. Ad oggi infatti sono ancora 132.291 le famiglie che vivono sotto minaccia di sfratto in tutto il Paese, contro le 18.840 famiglie che si trovavano nella stessa situazione all’inizio della pandemia.

Credo sia importante sottolineare in questo senso la posizione del Presidente Jair Bolsonaro. Infatti non solo l’ADPF 828 protegge le famiglie in situazione di vulnerabilità dagli sfratti ma anche la legge federale 14.216/2021 li vieta. Quando venne sanzionata questa legge però, nell’ottobre dello scorso anno, la parte che impediva gli sgomberi forzati venne impugnata proprio da Jair Bolsonaro, che si oppose a questa misura sociale apponendo un veto: veto che venne poi ribaltato e annullato dal Congresso nazionale.

Insomma il Brasile ci dimostra ancora una volta che la mobilitazione popolare è in grado di ottenere vittorie importanti, nonostante il suo Presidente e nonostante una élite economica che si nutre della disuguaglianza. Notizia infatti di pochi giorni fa è che quattro grandi banche brasiliane compaiono nella lista delle dieci più redditizie del pianeta (sondaggio della società di analisi dei dati finanziari Economatica).

Articolo Successivo

I francesi votano per il destino loro, dell’Europa e della pace. Una vittoria di Le Pen? Dirompente

next