Ormai la narrazione ha fatto breccia e non c’è dato di realtà in grado di scalfirla. Dopo aver dato voce al ministro del Turismo Massimo Garavaglia e all’imprenditore Flavio Briatore, sicuri che la (presunta) carenza di lavoratori nei comparti della ristorazione e del turismo sia colpa del reddito di cittadinanza, il sito del Corriere consulta sull’argomento il nuovo presidente della Federazione pubblici esercizi del Veneto, Paolo Artelio. Secondo il quale il passaggio di camerieri e cuochi ad altri settori durante la pandemia ha in effetti avuto un peso. Ma in più, si accoda, c’è il fattore rdc: “Chi si porta a casa una determinata cifra preferisce non lavorare“. Nonostante, sostiene, le paghe non siano affatto basse come raccontano gli addetti: “Quello che vedo io da quest’anno è che la situazione degli stipendi è abbastanza buona“, ma “parliamo di un lavoro che fai non dico 7 giorni su 7 ma che prevede turni anche festivi: è molto più difficile trovare giovani che vogliano approcciare questa tipologia di impiego”. E qui si torna al teorema Borghese (Alessandro, quello che “lavorare per imparare non significa essere per forza pagati“): trattasi di pigrizia, “preferiscono tenersi stretto il fine settimana per divertirsi con gli amici”.

Il bollettino: “difficoltà di reperimento” nella norma – Premessa: l’arma del fact checking è inevitabilmente spuntata di fronte ad affermazioni non supportate da alcun fatto o dato. Ma riproviamo. Punto primo: davvero è così difficile trovare cuochi e camerieri? L’ultimo bollettino del Sistema informativo Excelsior, realizzato da Unioncamere e Anpal e datato 11 aprile, mostra come in tutta Italia le “difficoltà di reperimento” nel mese di aprile riguardino soprattutto “artigiani e operai specializzati addetti alle rifiniture delle costruzioni (65,6%), fonditori, saldatori, lattonieri, calderai, montatori carpenteria metallica (64,6%), fabbri ferrai, costruttori di utensili (63,4%), meccanici artigianali, montatori, riparatori e manutentori di macchine fisse e mobili (61,1%)”. C’è anche un focus sugli under 29: le aziende cercano e non trovano giovani progettisti e ingegneri, operai edili, conduttori di mezzi di trasporto, specialisti in informatica, fisica e chimica, metalmeccanici, tecnici della sanità. Per “cuochi, camerieri e altre professioni dei servizi turistici” la difficoltà di reperimento si ferma al 38,7% contro una media del 40,4%.

Nel 2021 assunzioni di stagionali a livelli record – Anche se le rilevazioni dell’Inps sulle assunzioni stagionali attivate in primavera arriveranno solo nei prossimi mesi, poi, quelle sullo scorso anno – quando dagli imprenditori del settore erano arrivati allarmi identici – aiutano a capire se davvero gli imprenditori di turismo e ristorazione faticano a trovare lavoratori. Nel 2021 i contratti stagionali attivati hanno raggiunto il livello record di 920mila, oltre il 40% in più rispetto al 2020 segnato dal Covid ma 188mila in più anche rispetto al 2019 e 260mila in più rispetto al 2018, quando il reddito di cittadinanza non esisteva.

Se 500 euro al mese “danneggiano il mercato” – Punto secondo: è sensato credere che, come il Corriere del Veneto ha fatto dire al leghista Massimo Garavaglia e ora fa ribadire ad Artelio, chi prende il rdc tende a dire no a un contratto stagionale? E che questo “affossa il turismo” e danneggia il mercato del lavoro nella ricca regione del Nordest? Torniamo ai dati Inps: in Veneto l’anno scorso hanno percepito almeno una mensilità di sussidio solo 40mila nuclei per un totale di poco più di 88mila persone coinvolte. Nel primo bimestre di quest’anno le famiglie raggiunte dall’aiuto sono crollate a 28.600, in cui vivono 60mila persone. Gli abitanti del Veneto sono 4,9 milioni, dunque un impatto sensibile sull’offerta di lavoro va escluso come confermato al fattoquotidiano.it da Maurizio Rasera dell’Osservatorio sul mercato del lavoro regionale di Veneto Lavoro. Quanto alle cifre, il beneficio medio quest’anno è stato di 502 euro al mese. Al netto della tentazione del “nero”, spesso e volentieri del resto proposto dal datore di lavoro e non viceversa, un sussidio del genere non rende certo poco appetibile uno stipendio, se congruo. Va ricordato però – chissà se il nodo è questo – che le offerte veicolate dai centri per l’impiego ai percettori del reddito sono per legge “congrue” se il salario supera di almeno il 10% il valore massimo del rdc previsto per un single, cioè è di almeno 858 euro per un full time.

Articolo Successivo

Morti sul lavoro, più decessi e infortuni rispetto al pre-pandemia. Il rapporto: “Il Covid ha distolto l’attenzione. I controlli? Scarsi e inefficaci”

next