“Alcune attività non apriranno perché non si trovano più camerieri. Non si trova personale stagionale: è uno dei risultati paradossali dell’introduzione del reddito di cittadinanza“. Parola di Vincenzo De Luca, che lo scorso 14 maggio rilanciava così in un video-intervento il grido di dolore dei ristoratori e baristi campani. Di lì settimane di lamentazioni da parte di albergatori e gestori di stabilimenti balneari affossati, a detta loro, dall’assenza di lavoratori causata dall’eccesso di sussidi. “Il fenomeno viene segnalato da Nord a Sud, con percentuali allarmanti quantificate tra il 50 e il 75 per cento”, aveva del resto anticipato Repubblica l’11 maggio. I dati amministrativi dell’Inps pubblicati due giorni fa raccontano tutt’altra storia: a maggio sono stati attivati la bellezza di 142.272 rapporti di lavoro stagionali. Quasi il doppio rispetto al 2017 e 50mila in più sia rispetto al 2018 – prima dell’introduzione del reddito di cittadinanza – sia rispetto al 2019. Una ricerca d’archivio conferma che si tratta di un record da almeno otto anni a questa parte (le serie arrivano fino al 2014). A dispetto della presunta carenza, e nonostante condizioni di lavoro tutt’altro che invitanti e spesso del tutto irregolari, come raccontato nella video inchiesta de ilfattoquotidiano.it (PRIMA PUNTATA/SECONDA PUNTATA/TERZA PUNTATA).

L’Osservatorio sul precariato diffuso dall’istituto previdenziale giovedì scorso mostra che, con il traino dell’industria, il mercato del lavoro in Italia è ripartito a un buon ritmo prima ancora dell’inizio dell’ottima stagione turistica. Le assunzioni da parte di datori di lavoro privati sono state nei primi cinque mesi 2.412.000, ovviamente in netto aumento rispetto allo stesso periodo del 2020 segnato dal lockdown, a fronte di 1,79 milioni di contratti cessati. E nel mese di maggio a spiccare, rispetto agli anni pre Covid, è proprio l’andamento dei contratti stagionali. “Particolarmente accentuato risulta il recupero, negli ultimi tre mesi, delle assunzioni stagionali e in somministrazione”, chiosa l’Inps. Quest’anno il boom degli stagionali, che di solito si registra in giugno con l’avvio della stagione estiva (è quello che è successo anche nel 2020, con 166mila contratti attivati), è arrivato infatti in anticipo, probabilmente per effetto del passaggio della maggior parte delle Regioni in zona gialla. Così, se nel 2015 le assunzioni erano state 80mila, nel 2016 74mila, nel 2017 78mila, nel 2018 90.500 e nel 2019 91mila, quest’anno si sono superate le 140mila.

Certo, i dati Inps fotografano i flussi e non lo stock di lavoratori (450mila gli stagionali contati nel 2019 dall’Inps), per cui bisogna tener conto del fatto che le attività partivano con staff ridotti all’osso dall’anno pandemico e dalle nuove restrizioni di inizio 2021. Ma, in attesa dei dati relativi a giugno, quando forse potrà emergere un effetto di esaurimento della platea potenziale, l’incremento è stato tale che risulta davvero arduo parlare di assenza di offerta. E il confronto con gli anni pre reddito di cittadinanza dà la prova che dopo l’introduzione del sussidio targato M5s il numero di lavoratori disposti ad accettare questi posti non è affatto calato, anzi. Smentendo le affermazioni di Matteo Renzi secondo cui il rdc sarebbe “diseducativo” in quanto riduce l’incentivo a “soffrire, rischiare, giocarsela”. A maggio oltre 140mila persone hanno firmato contratti stagionali nonostante compensi spesso inferiori alla soglia di povertà e nonostante, in base alle regole attuali, l’aiuto statale sia soggetto a una decurtazione di 1 euro per ogni euro in più guadagnato.

Per il resto, l’Osservatorio mensile restituisce un quadro in cui a fare la parte del leone sono ancora una volta i contratti a termine: oltre 1 milione quelli attivati nei primi cinque mesi, contro 451.704 contratti stabili, 248mila stagionali, 381mila in somministrazione e 180mila con contratto intermittente. Le trasformazioni da tempo determinato sono risultate 176.000, in flessione rispetto allo stesso periodo del 2020 (-25%). Dati che confermano quanto anticipato dal presidente Inps Pasquale Tridico, che in un’intervista a Repubblica aveva annunciato come nel primo semestre i contributi che imprese e lavoratori versano all’Istituto siano aumentati dell’8% prefigurando un recupero dei livelli pre Covid entro fine anno. Il saldo annualizzato, cioè la variazione tendenziale delle posizioni di lavoro negli ultimi 12 mesi, ha fatto registrare una crescita pari a +560mila, frutto soprattutto di un saldo positivo dei contratti stabili (+184.000), ma anche di quelli a tempo determinato (+169.000), in somministrazione (+110.000), stagionali (+91.000) e intermittenti (+8mila).

Articolo Precedente

L’esodo all’estero dei giovani medici italiani, dal Lazio via in mille solo nel 2021. Oltre confine ci sono contratti stabili e stipendi migliori

next
Articolo Successivo

Reddito di cittadinanza, le storie dei percettori (che non sono fannulloni): “Da settembre sarà l’unica entrata con cui sfamare i figli”. “Con il Covid ho perso ogni introito, ora non vivo in ansia costante”

next