Finalmente, qualcuno inizia a denunciare con chiarezza i gravissimi pericoli connessi con l’abuso della plastica, dalla produzione al consumo. Finalmente, può essere che qualcuno si decida a ragionare con la propria testa e capisca che la plastica è la vera protagonista in negativo di questa nostra civiltà dei consumi e dei rifiuti, basata su un modello di sviluppo che, per il profitto di pochi, rapina e distrugge le risorse naturali sempre più scarse.

Produrre plastica comporta un enorme spreco di energia da cui derivano “beni”, soprattutto imballaggi, che rapidamente diventano rifiuti inquinanti, ma che servono a “vendere meglio”. Il nostro paese si colloca al decimo posto della classifica mondiale di rifiuti in plastica pro-capite (23 chili), ma detiene, purtroppo, il 60% del mercato europeo dell’usa e getta.

Eppure, siamo stati gli ultimi a recepire la direttiva contro le plastiche monouso, e per di più stravolgendola, in quanto abbiamo aggiunto (e per questo siamo sotto procedura di infrazione) che il divieto non vale per i prodotti in materiale biodegradabile e compostabile, mentre la Commissione Ue, nelle Linee guida emanate il 7 giugno 2021, ricorda che la direttiva riguarda anche “la plastica a base organica e biodegradabile, a prescindere dal fatto che siano derivati da biomassa o destinati a biodegradarsi nel tempo”; ed aggiunge, negli Orientamenti per l’applicazione delle norme sulla plastica monouso, (Bruxelles 31 maggio 2021), che “attualmente non esistono norme tecniche ampiamente condivise per certificare che un determinato prodotto di plastica sia adeguatamente biodegradabile nell’ambiente marino in un breve lasso di tempo e senza causare danni all’ambiente”.

E non basta. Perché, se leggiamo le statistiche ufficiali, sembra che ricicliamo enormi quantità di plastica, sebbene la Corte dei Conti Ue, illustrando alcune modifiche normative, abbia evidenziato la inattendibilità dei dati relativi al riciclo ed al riutilizzo dei rifiuti di plastica a causa della carenza di controlli sul territorio, di stime imprecise degli imballaggi di plastica immessi sul mercato e dell’ampia diversità dei metodi di calcolo e delle procedure di verifica, soprattutto per quanto concerne il punto di misurazione: questo vuol dire che viene calcolata come riciclata anche la plastica (circa il 40%) che non viene realmente mandata a riciclo per inadeguatezza della raccolta differenziata. Così come viene calcolata come riciclata la plastica inviata all’estero che finisce, invece, molto spesso in immonde discariche.

Pertanto – conclude la Corte dei Conti UE – “se gli Stati membri non provvederanno con urgenza ad aumentare e migliorare la loro capacità di riciclaggio, queste modifiche normative, certamente condivisibili, rischiano paradossalmente di aumentare ed aggravare lo smaltimento illegale di questi rifiuti sia entro le frontiere dell’Ue, sia in caso di spedizione nei paesi terzi”.

Ed è significativo che alla stessa conclusione perviene Interpol la quale, in un recente rapporto, evidenzia che “questa situazione, unita alla mancanza di tracciabilità dei rifiuti di plastica, presenta un grande rischio per alcuni individui e gruppi criminali di trarre vantaggio da scappatoie legali, lacune informative tra la comunità di contrasto e nuove rotte commerciali nel mercato dei rifiuti di plastica che non sono pienamente ancora monitorate….”; aggiungendo che “i criminali dei rifiuti hanno dimostrato di adattare il loro modus operandi ai rapidi cambiamenti normativi e le tendenze criminali hanno mostrato rapide evoluzioni negli ultimi due anni. Inoltre, quando i cambiamenti non sono ben regolamentati, possono offrire opportunità per la crescita di nuove attività criminali. È quindi cruciale che la comunità globale delle forze dell’ordine continui a monitorare le tendenze criminali nel settore dei rifiuti di plastica, per adattare i metodi di applicazione ai rapidi cambiamenti nelle tendenze criminali […]”.

Insomma, è merito de ilfattoquotidiano.it e di Greenpeace avere acceso un faro su questa situazione altamente criminogena connessa all’uso ed all’abuso della plastica. Anche perché questo avviene proprio quando, finalmente, la tutela dell’ambiente, degli ecosistemi e della biodiversità entra nella nostra Costituzione. Mi sembra di buon auspicio.

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