Compie trent’anni lunedì il Trattato di Maastricht. Il 7 febbraio 1992 nell’omonima città della provincia del Limburgo, nel Sud dei Paesi Bassi, al confine con il Belgio e a pochissimi chilometri dalla frontiera con la Germania, i capi di Stato degli allora 12 Paesi membri della Comunità europeaBelgio, Danimarca, Germania, Grecia, Spagna, Francia, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Olanda, Portogallo e Regno Unito – si riunirono per sottoscrivere il trattato istitutivo dell’Unione europea: “Una nuova tappa nel processo di creazione di un’Unione sempre più stretta tra i popoli dell’Europa, in cui le decisioni siano prese il più vicino possibile ai cittadini”, come recita il suo titolo primo. Ma il Trattato è ricordato soprattutto per gli omonimi parametri, cioè i requisiti economici e finanziari che gli Stati membri dovevano soddisfare per l’ingresso nell’Unione economica e monetaria. Tra cui un deficit sotto il 3% del pil e un debito sotto il 60%.

Cinque anni dopo sarebbe seguito il Patto di stabilità, che avrebbe recepito gli stessi requisiti imponendone il rispetto anche negli anni successivi. Romano Prodi, già presidente della Commissione, lo ha definito “stupido”. La sua attuazione è stata sospesa nel marzo 2020, per consentire agli Stati di aumentare la spesa e far fronte alla pandemia di Covid-19. Ora il Patto, che senza interventi tornerebbe in vigore nel 2023, è in fase di revisione. Italia e Francia puntano dichiaratamente ad ammorbidire i parametri per dare più spazio di manovra per fare gli investimenti necessari a sostenere la crescita e guidare la transizione ecologica e digitale, mentre il nuovo governo della Germania frena e ammonisce sulla necessità che i Paesi più indebitati corrano ai ripari.

Proprio alla vigilia del trentesimo anniversario Paolo Gentiloni, Commissario europeo agli affari economici, in un’intervista a In Mezz’ora in più su Raitre ha ribadito che va superata “la logica dei paesi meridionali ‘spendaccioni‘ e i nordici ‘frugali‘, perché è un gioco a somma zero”. Per Gentiloni “il debito va ridotto, perché l’idea che un paese possa accumulare debito a prescindere non può essere accettata. Ma la riduzione del debito non deve uccidere la crescita“. L’orizzonte per una proposta di riforma delle regole è la primavera: “Penso saremo pronti a primavera inoltrata con questa proposta”, ha concluso il commissario Ue. Il 2022 si conferma quindi come un anno cruciale per la riforma che va approvata prima che si chiuda la parentesi della clausola di salvaguardia.

Maastricht, la Bce e l’euro: le tappe – Il trattato di Maastricht ha aperto la strada all’introduzione della moneta unica, l’euro. Ha creato la Banca Centrale Europea (Bce) e l’Eurosistema delle banche centrali, fissandone gli obiettivi: il principale compito della Bce è mantenere la stabilità dei prezzi, cioè salvaguardare il valore della moneta unica. Il Trattato stabiliva formalmente tre fasi per l’Unione monetaria: introduzione della libertà di circolazione dei capitali entro fine 1993; tra 1994 e 1998 un aumento della cooperazione tra le banche centrali nazionali e un crescente allineamento delle politiche economiche degli Stati membri; dal 1999 in poi una graduale introduzione dell’euro, con l’attuazione di una politica monetaria unica, responsabilità della Bce.

A Maastricht hanno fatto seguito altre tappe dell’evoluzione dell’Unione, con il Trattato di Amsterdam del 1997, che ha incorporato l’acquis di Schengen e rafforzato la tutela dei diritti umani nell’Ue; il Trattato di Nizza del 2001, la cui ratifica venne bocciata da un referendum popolare in Irlanda quello stesso anno (gli irlandesi la approveranno poi con un secondo referendum in autunno). Nel 2004 viene firmato a Roma il trattato che stabiliva una Costituzione per l’Europa, che non vedrà mai la luce, perché la ratifica viene bocciata da referendum popolari tenuti in due importanti Stati fondatori, Francia e Paesi Bassi. L’Europa ripiega allora sul Trattato di Lisbona del 2007, che fonde i tre pilastri di Maastricht, comunitario e intergovernativi, dà personalità giuridica all’Ue che subentra alle comunità, rende giuridicamente vincolante la Carta dei diritti fondamentali ed apporta numerose riforme istituzionali, rafforzando i poteri del Parlamento Europeo, istituzionalizzando il Consiglio Europeo e la sua presidenza e ridefinendo il ruolo dell’Alto Rappresentante.

Trent’anni dopo Maastricht, l’Ue ha oggi una moneta unica, l’euro, adottata da 19 Paesi, che è sopravvissuto alla crisi del 2008-2012, grazie al ‘whatever it takes’ dell’attuale presidente del Consiglio dei ministri Mario Draghi. Nel 1992 la Cee aveva 12 Paesi membri, oggi l’Ue ne ha 27: sono entrati nel 1995 Austria, Finlandia e Svezia; nel 2004 l’aumento a 25, con l’ingresso di Repubblica Ceca, Cipro, Estonia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Slovacchia e Slovenia; nel 2007 fanno il loro ingresso Bulgaria e Romania; nel 2013 entra la Croazia. Nel 2020, però, si è registrata la prima uscita nella storia dell’Unione, che ha perso il Regno Unito, un Paese di 67 milioni di abitanti, potenza nucleare e alleato Nato.

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