Il governo del Perù ha dichiarato il fine settimana scorso l’emergenza ambientale in merito allo sversamento di 6000 barili di petrolio prodotti nella raffineria La Pampilla, situata nel distretto di Ventanilla, provincia del Callao. Il comitato di crisi formatosi in Perù per rispondere all’emergenza dovrà valutare l’impatto a corto, medio e lungo termine di questo disastro ambientale e nel frattempo voci del governo di Pedro Castillo hanno già parlato della necessità di una sanzione esemplare contro Repsol, la compagnia petrolifera responsabile dell’accaduto che non può e non deve eludere le sue responsabilità.

Lo sversamento si sarebbe prodotto mentre una petroliera battente bandiera italiana, la Mare Doricum, stava consegnando il suo carico di petrolio nella raffineria La Pampilla. Durante le operazioni di scarico la petroliera è stata colpita dall’onda anomala (tsunami) provocata dall’eruzione del vulcano Hunga Tonga-Hunga Ha’apai (Tonga, Oceania), che il 15 gennaio è esploso liberando una quantità di energia tra i 5 e i 30 megatoni di TNT (secondo le prime stime realizzate dalla Nasa).

Due aree naturali protette, 50 km di costa, 21 spiagge tra Callao e Lima: questo un primo bilancio di ciò che è stato contaminato da uno dei più grandi disastri ambientali della storia del paese sudamericano. Secondo fonti del Ministero dell’Ambiente peruviano lo sversamento ha contaminato 1.800.490 mq di spiaggia e 7.139,571 mq di mare. Decine di chilometri di costa pacifica hanno subito gravi danni, animali intossicati o uccisi dal viscoso liquido nero appaiono dovunque e sono almeno 1500 i pescatori che hanno perso il lavoro secondo quanto riportato da Calamasur (Manejo Sustentable del Calamar Gigante).

Il presidente di Repsol Perù, Jaime Fernández-Cuesta ha affermato che sebbene la compagnia abbia commesso degli errori, soprattutto rispetto alla quantità di petrolio sversato sulla quale sono state inizialmente avvertite le autorità, il piano di contingenza di Repsol è stato attivato immediatamente e in modo adeguato. Fino ad ora, secondo quando si legge in un comunicato della compagnia, Repsol ha rimosso 1.580 metri cubi di sabbia contaminata con una squadra di 840 persone, mentre in acqua sono state dislocate tre macchine per la pulizia marina, sei serbatoi galleggianti, 13 navi di grosse dimensioni grandi e 31 navi più piccole. Le operazioni di pulizia, secondo quanto dichiarato da Fernández-Cuesta, dovrebbero terminare, con buon esito, a febbraio.

Le autorità del Perù però stanno già valutando un’azione legale contro la compagnia petrolifera e in questo senso il ministro dell’ambiente, Rubén Ramírez, ha già parlato della possibilità di un contenzioso internazionale. Anche Mirtha Vásquez, presidente del consiglio dei ministri, ha chiarito che si stanno valutando almeno tre ambiti di possibile denuncia sull’operato di Repsol. In primo luogo la prima dichiarazione menzognera fatta da Repsol sulla reale entità dello sversamento prodotto il 15 gennaio (il 16 gennaio Repsol aveva dichiarato poche decine di barili), in secondo luogo la deficienza e la lentezza del piano di contingenza messo in atto e per ultimo l’obbligo di garantire aiuto umanitario alla popolazione, che ha subito danni per l’accaduto.

Inoltre il governo ha messo allo studio la possibilità di cancellare la concessione della raffineria La Pampilla e ha impedito, per il momento, alla Mare Doricum di salpare e lasciare le acque territoriali peruviane. Per lasciare il Perù, la Mare Doricum dovrà pagare una cauzione di 37,5 milioni di dollari, ma per ora la Fratelli d’Amico Armatori S.p.A (società italiana con sede a Roma e proprietaria della nave) ha rilasciato un comunicato dove dichiara che la nave è ancorata in sicurezza al largo del porto di El Callao (senza aver subito danni) e che tutti i membri dell’equipaggio rimangono a bordo per garantire la sicurezza della nave.

E mentre i lavori della autorità competenti continuano, così come i lavori di contenimento e mitigazione dell’enorme danno ambientale, la cittadinanza manifesta e inveisce contro Repsol. Domenica 23 gennaio sono state centinaia le persone che hanno marciato fino ai pressi della raffineria La Pampilla al grido di “El mar està de luto” (Il mare è in lutto) e “Se mata al medio ambiente en la cara de la gente” (Si uccide l’ambiente sotto gli occhi della gente). Anche l’hashtag #Repsolhaztecargo (Repsol assumiti la responsabilità) è diventato di tendenza sulle reti sociali, aumentando la pressione sulle decisioni che verranno prese nei prossimi giorni dal governo del socialista Pedro Castillo.

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