Emergenza ambientale in Perù, per tre mesi. Lo ha stabilito il governo. Colpa dell’inquinamento derivante dal versamento di mare, il 15 gennaio scorso, di 6mila barili di greggio durante le operazioni di rifornimento di una raffineria della compagnia spagnola Repsol al largo di Lima. Il relativo decreto, pubblicato oggi sul giornale ufficiale El Peruano, definisce il danno causato come “il peggiore disastro ecologico accaduto a Lima negli ultimi tempi”. Nel decreto sono anche contenuti i termini di applicazione di un Piano di azione immediata per limitare al massimo il danno all’ambiente della zona geografica interessata.

La decisione è stata adottata anche in risposta ad un rapporto presentato al governo dalla Direzione generale per la qualità ambientale, secondo cui la dispersione in mare del petrolio “ha avuto un impatto significativo sull’ecosistema marino costiero ad elevata diversità biologica e sulle risorse idrobiologiche”, nonché ha rappresentato “un rischio elevato per la salute pubblica della popolazione che vive nella zona”. Nello specifico, l’incidente è avvenuto mentre erano in corso le operazioni di scarico della petroliera battente bandiera italiana ‘Mare Doricum‘ attraverso le infrastrutture sottomarine della raffineria La Pampilla, probabilmente per la rottura di uno snodo delle tubature adagiate sul fondo dell’Oceano Pacifico. Da parte sua Repsol ha sostenuto che la causa dell’accaduto potrebbe essere stato una conseguenza marina dell’eruzione vulcanica avvenuta a Tonga. Nonostante i diecimila chilometri di distanza sono infatti arrivati fino a qui i danni dello tsunami seguito all’eruzione del vulcano sottomarino Hunga Tonga-Hunga Hàapai. Potrebbe essere stata proprio la forza d’urto delle onde – che in mare aperto hanno raggiunto i 15 metri di altezza – a far precipitare in acqua i barili di greggio.

Le misure di contenimento previste per questo genere di incidenti sono scattate con un gravissimo ritardo per ragioni che sono ora oggetto di un’indagine. Ma nel frattempo uno spesso strato nero si è depositato su una ventina di spiagge, secondo l’Organismo di valutazione e controllo ambientale (Oefa), mentre il Servizio nazionale delle aree protette dallo Stato (Sernanp) ha denunciato la morte di pesci, uccelli, altri animali e una grave contaminazione della vegetazione marina.

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