Il prossimo passo è il Super green pass per tutti i lavoratori. Per il presidente del Consiglio Mario Draghi, prosegue così la road-map delle misure anti-Omicron. Già negli ultimi due vertici di governo, però, la proposta è stata rigettata. Il prossimo tentativo è previsto a metà della prossima settimana: probabilmente proprio mercoledì 5 gennaio sarà convocato un nuovo Consiglio dei ministri. Ci sarà da convincere soprattutto la Lega, ma non sarà una mediazione semplice perché si tratta di un provvedimento che farebbe da apripista in Europa. L’altro nodo sul tavolo del governo riguarda la scuola e ancora una volta l’esecutivo arriva ad affrontare il dossier in extremis: in Cdm ci sarà da analizzare la proposta delle Regionise ci sono due positivi in classe, dad per gli alunni non vaccinati – ma intanto al rientro in classe fissato per il 10 gennaio mancherà poco. E dai sindacati arriva l’avvertimento: “La ripresa delle attività didattiche non deve riprodurre modelli che già si sono rivelati ingestibili“, dice all’Ansa la segretaria della Cisl Scuola, Maddalena Gissi. A suo parere, in questa proposta “c’è un aspetto discriminante” e il rischio di creare “iniquità“.

La mediazione sul Super green pass – Nell’incontro con le Regioni di venerdì 31 dicembre il ministro Roberto Speranza lo ha sottolineato a chiare lettere: “Bisogna considerare molto seriamente sia l’estensione dell’obbligo a tutti che l’estensione del Green pass rafforzato al mondo del lavoro”. Un’idea rilanciata dal segretario Pd, Enrico Letta, che ha parlamento apertamente di “obbligo vaccinale”: la sua proposta ha alimentato le tensioni tra i partiti di maggioranza. Mentre Pd, Forza Italia e governatori restano aperti sia sulla soluzione dell’obbligo vaccinale sia sul certificato verde rafforzato per tutti i lavoratori, la Lega ha già sottolineato la necessità, in caso, che lo Stato si assuma la responsabilità per eventuali conseguenze da vaccino ed elenchi i “fragili” esenti dall’obbligo. Alcuni dubbi li ha espressi anche il M5s.

Il premier Draghi spinge però per approvare velocemente un nuovo decreto, che entrerebbe in vigore già il 10 gennaio, cambiando ulteriormente le carte in tavola. A Palazzo Chigi si lavora per trovare una mediazione: al momento appare difficile distinguere per categorie soggettive, come ad esempio tutti i lavoratori della Pa o tutti i privati. Un’altra criticità potrebbe essere quella dell’estensione del lasciapassare rafforzato a chi lavora nei Tribunali, ad esempio, che rischierebbe di creare non pochi grattacapi al sistema dei processi. Gli approfondimenti tecnici e legislativi sul tema continuano: Draghi punta a chiudere velocemente la partita, prima che cominci definitivamente quella sul Quirinale.

Le nuove regole per la scuola – Sempre il 10 gennaio si tornerà a scuola in gran parte d’Italia. Potrebbe però cambiare il sistema di quarantene e Dad per gli studenti, dopo le proposte delle Regioni avanzate al governo. Visto l’avvio della campagna vaccinale per la fascia 5-11, l’ipotesi è di prevedere, nel caso di due studenti risultati positivi in una classe, solo l’auto-sorveglianza (5 giorni) per i ragazzi vaccinati e la quarantena di 10 giorni con didattica a distanza e test al termine dell’isolamento per i non vaccinati. Tra i governatori, che temono un ulteriore aumento dei contagi con il rientro in classe, c’è massima coesione. Il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi difende da sempre la didattica in presenza, ma sta valutando la proposta. Per il 4 gennaio è previsto un incontro con tutte le organizzazioni sindacali.

Proprio dal mondo sindacale arriva l’allarme per una ripresa della scuola che, cambiando nuovamente le regole, rischia di diventare ingestibile. In particolare, sottolinea la segretaria di Cisl Scuola Gissi, preoccupa il doppio binario che in caso di due positivi in classe prevede le lezioni in presenza per i vaccinati e la dad per i bambini non immunizzati: “Ricordo con molta preoccupazione l’esperienza delle lezioni organizzate in parte in presenza e in parte a distanza. Un modello organizzativo che non ha mai garantito la qualità della proposta formativa. Chi segue in classe ha bisogno di tutta l’attenzione dell’insegnante. Chi invece è in Ddi ha tempi diversi e necessita di proposte più essenziali. Non si possono bloccare i bambini o gli studenti in quarantena per 5 ore davanti al Pc“.

“Prima di assumere qualunque decisione, si discuta con chi lavora nelle scuole e con chi conosce le modalità organizzative“, sottolinea Gissi. “Abbiamo firmato un contratto integrativo sulla Ddi proprio per garantire la gestione ottimale dei tempi e della condivisione delle scelte – continua – È sicuramente difficile individuare una soluzione generalizzabile ma nessuno si sottrarrà. Se c’è un aspetto discriminante che farà più male agli alunni e alle famiglie è l’essere considerati diversi in un percorso formativo che rischia l’iniquità. I vaccinati responsabili non si sentiranno gratificati, gli altri non saranno comunque felici per l’isolamento. Occorre poi considerare che i dirigenti scolastici, per motivi di privacy, non hanno la possibilità di conoscere lo status vaccinale degli alunni”.

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