I leader mondiali portano a casa quello che loro stessi hanno definito un “successo”, dopo il G20 di Roma, un primo passo che apre la strada a un’ambiziosa Cop26 che dovrà dare una svolta nella lotta al cambiamento climatico. Questo è quello, però, che dicono i capi di Stato e di governo dei Paesi più industrializzati della Terra. Mentre i manifestanti, gli attivisti, gli ambientalisti denunciano le iniziative insufficienti, rilanciando le parole di Greta Thunberg secondo cui nei palazzi del potere si continui con il solito “bla bla bla”, mai accompagnato da iniziative concrete e decise. E il suo messaggio la giovane attivista svedese lo lancia forte e chiaro puntando il dito verso la conferenza Onu sul clima di Glasgow, dove, tra l’altro, ha detto di non essere stata invitata ufficialmente: “I veri leader non sono là dentro, i veri leader siamo noi”, ha gridato alla folla ricevendo in risposta urla di sostegno dai giovani attivisti al suo seguito che, ha detto, come lei non si fidano di altre finte promesse.

Non è bastato quindi il tentativo dell’organizzazione britannica dell’evento, guidata dal premier Boris Johnson, di coinvolgere il movimento, permettendo ad alcuni attivisti invitati di parlare davanti alla platea del World Leaders Summit. Giovani delle isole Samoa, del Kenya, dall’Amazzonia hanno denunciato quello che sta accadendo nelle loro realtà: popoli che rischiano di sprofondare nel mare e altri di morire di fame e sete per carestie e siccità generate dal surriscaldamento globale. I leader, dal canto loro, hanno tentato di avvicinarsi al linguaggio degli attivisti. Lo stesso Johnson, rifacendosi alle parole di Greta, ha sottolineato che è già stato fatto troppo “bla bla bla” sul fronte della lotta al cambiamento climatico. Un esempio è rappresentato dal nuovo ostruzionismo, emerso anche in occasione del vertice di Roma, di Russia e Cina sul termine del 2050 per arrivare ad emissioni zero. Proprio Xi Jinping ha mandato un messaggio scritto al summit e in contemporanea il portavoce del ministero degli Esteri cinese, Wang Wenbin, ha criticato gli Stati Uniti per l’inquinamento del passato: le sue emissioni storiche sono otto volte quella della Cina, ha dichiarato. E più pesanti sono state le parole del premier indiano, Narendra Modi, secondo cui “l’India raggiungerà l’obiettivo delle emissioni zero nel 2070“,

E non è bastata nemmeno la decisione di riservare un posto all’interno della Cop26 all’attivista svedese, che nei giorni scorsi aveva dichiarato di non essere stata invitata ufficialmente al summit, pur non permettendole di prendere parte ai lavori, ma come ospite della leader scozzese Nicola Sturgeon con cui ha avuto una chiacchierata molto franca. “Le voci dei giovani devono essere ascoltate in modo forte e chiaro alla Cop26”, ha affermato la First Minister sul suo profilo Twitter. Per Greta e i movimenti per il clima, però, questo non è ancora successo.

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L’impegno di Biden, i tempi lunghi di India, Cina e Russia, la realpolitik di Draghi: alla Cop26 si allarga il divario tra i Paesi sull’obiettivo delle emissioni zero

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Cop26, Greta Thunberg alle manifestazioni di Glasgow: “Basta con i ‘bla bla bla’, siamo noi il cambiamento che a loro piaccia o no”

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