Usura ed estorsione commessi con metodo mafioso. Sono 14 le misure cautelare eseguite nelle province di Brescia, Milano, Reggio Calabria, Cremona e Ascoli Piceno, da Polizia, Carabinieri e della Guardia di Finanza di Brescia, coordinati dalla Dda di Brescia. Nel mirino degli inquirenti soggetti considerati “contigui ed inseriti in contesti di criminalità organizzata di stampo ‘ndranghetista”.

L’attività degli investigatori – diretta dai pm Roberta Panico, Erica Battaglia e Carlotta Bernardini – ha permesso di documentare, nonostante il periodo di lockdown, “presunte condotte intimidatorie ed estorsive, accordi e pagamenti usurari, accompagnati da pressioni e pretese economiche agli imprenditori, accordi per la spartizione degli illeciti guadagni, richieste di protezione criminale e gravi situazioni di esposizione a rischio per l’incolumità individuale”.

Secondo la direzione distrettuale antimafia di Brescia che ha condotto l’indagine, il vertice del gruppo sarebbe il calabrese Vincenzo Facchineri, membro di una storica ‘ndrina della provincia di Reggio Calabria, che avrebbe costruito una solida rete nel bresciano e operava per introdursi, con denaro prestato ad usura, intimidazioni e minacce, nel tessuto economico della provincia. L’uomo poteva vantare anche collegamenti con storici esponenti della banda della Magliana e della mala del Brenta.

L’inchiesta è iniziata nel dicembre 2020, quando un libero professionista residente nel Bresciano, esasperato e stremato dalle continue minacce e pressioni psicologiche patite, aveva deciso di denunciare. Nei mesi precedenti trovandosi in difficoltà post lockdown aveva chiesto soldi a soggetti legati a cosche della ‘Ndrangheta. Il bresciano ha raccontato di essere stato vittima di estorsione messa in opera da due persone le quali dopo essersi proposte per intermediare un debito economico di 50mila che il bresciano aveva con un imprenditore estraneo all’inchiesta, lo avevano costretto a versare con diversi bonifici a loro favore la somma complessiva di 19.500 euro di interessi oltre ai 45mila euro già consegnati in contanti. Dalle indagini è emerso che diverse persone legate all’associazione di matrice ‘ndranghetista operavano nella provincia di Brescia commettendo frodi fiscali e reati di riciclaggio ed usura.

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