Per parlare delle elezioni di Roma parto da un dato: più 22 per cento. È questo l’aumento, ancora provvisorio, del traffico a Roma rispetto a un anno fa secondo una mappa elaborata da Enel X in collaborazione con l’app satellitare Here. Un dato inquietante e destinato ad aggravarsi con il rientro i tutti i dipendenti pubblici in ufficio, alla faccia del lavoro agile e della conseguente mobilità sostenibile. A Roma c’è una crescente giungla di motorini e macchine, che porta, tra l’altro, con sé una catena di incidenti mortali – ormai quasi una persona al giorno muore nell’indifferenza assoluta – e un aumento dell’inquinamento dell’aria. Secondo uno studio della valida associazione Cittadini per l’Aria, zone come Tiburtina, Policlinico, Boccea e Piazzale degli eroi presentano un inquinamento da biossido di azoto, causa del 6,2 per cento delle morti della capitale.

Sono dati drammatici ma che hanno una spiegazione. Perché i romani sono tornati ad usare la macchina? I motivi sono chiari. Da un lato, la pandemia non è finita e il timore di contagio sui mezzi pubblici è evidente. Ma c’è un altro dato che si intreccia con quello della pandemia: il cambiamento climatico. La lunghissima ondata di calore estiva, con l’afa che non accenna a scendere neanche adesso, richiederebbe non solo aria condizionata sui mezzi ma anche la creazione di corridoi verdi per raggiungere le fermate e pensiline che facciano ombra. Di questo non c’è nulla. Questo è un tipico cortocircuito innestato dal cambiamento climatico. Per quanto si punti sulla mobilità sostenibile, alcuni eventi estremi favoriscono il regresso.

Rispetto al verde, l’amministrazione uscente ha provveduto, tardivamente perché prima non c’erano fondi, a un lavoro di falciatura delle piante e di abbattimento degli alberi pericolosi, non senza scontri con le associazioni dei cittadini dei vari quartieri. Alcuni alberi sono stati ripiantati, ma spesso si tratta di alberi piccoli, che non fanno ombra. Si potrebbe dire che comunque siamo sulla strada giusta, ma ecco un altro fattore climatico che contrasta gli sforzi, ovvero la siccità che da mesi affligge la città: non solo sta provando le riserve idriche di Roma, ma anche le piante, in parte secche, molte agonizzanti.

Ma il degrado della città nasce anche da altri fattori, come il turismo. Per fortuna, i turisti sono tornati, ma la speranza che si potesse andare verso un tipo di turismo diverso e sostenibile, secondo slogan diffusi, è naufragata subito, a causa anche della folle deregulation – voluta soprattutto dallo zelante assessore al Commercio Coia– dei tavolini di ristoranti. La giusta misura per aiutarli, tavolini esterni senza pagamento della tassa, si è trasformata in una invasione avida e folle di qualsiasi marciapiede o striscia blu disponibile, col risultato di interi quartieri trasformati in mangiatoie.

A vedere Roma oggi, insomma, sembra che i problemi principali non siano stati risolti. E d’altronde l’amministrazione ha dovuto combattere con pandemia ed estremi climatici. Ma ci sono anche problemi tragici che poco c’entrano con questi due fattori: l’immondizia che ancora invade la città. Come Raggi ha spesso ricordato, le colpe del disastro sono anche della Regione. Ma un cittadino che ha una discarica di fronte casa o i cassonetti stracolmi, (una forma di violenza e un rischio per la salute), questo non lo sa. E forse il, sindaco uscente avrebbe dovuto far sentire la sua voce di più su questo.

Tutto questo per dire che, a mio parere, il sindaco che uscirà dalle urne, qualunque sia, avrà di fronte a sé un compito immane, a causa dell’intreccio tra problemi atavici, degrado ambientale e cambiamenti climatici che affliggono e ancor di più affliggeranno Roma come le altre città, come ha mostrato il recente report del Centro Euro-Mediterraneo sui cambiamenti climatici nelle città, con dati preoccupanti. Insomma sulla capitale rischia insomma di abbattersi una tempesta perfetta. Forse nessun sindaco da solo ce la può fare e se fossi stato candidato alla guida del Campidoglio, forse, l’avrei detto con molta chiarezza invece di fare promesse che probabilmente non verranno mantenute.

Per non parlare del fatto che nessun candidato ha davvero usato il tema del cambiamento climatico e del degrado ambientale come base della propria campagna elettorale. Confrontando la campagna elettorale di Berlino, ad esempio, giocata tutta sul clima e in una città che ha ben meno problemi climatici dei nostri, si vede quanto siamo indietro.

Roma, in ogni caso, richiede sforzi speciali e poteri speciali per non soccombere. Ed è anche una metafora del nostro paese, anch’esso stretto in una morsa tra questioni antiche, problemi ambientali e i sempre più crescenti rischi climatici. Per contrastare i quali servono, appunto, sforzi straordinari e l’impegno di tutti.

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