di Giuseppe Criaco

C’era una volta un sogno. Fatto di ambiente, di acqua pubblica, di connettività veloce, di innovazione tecnologica. E soprattutto di coerenza. Sì, insomma, un sogno a 5 Stelle. C’era una volta. Ed oggi non c’è più. Le parole di Beppe Grillo nei confronti del “nostro” presidente Giuseppe Conte hanno letteralmente disintegrato dieci anni di lotte e di credibilità del Movimento. Anche in questo frangente la classe dirigente del M5s ha dimostrato di non essere ancora matura politicamente. La calata, a Roma, del Grillo furioso avrebbe dovuto essere blandita soprattutto dai maggiorenti del Movimento, e mi riferisco a Vito Crimi, Roberto Fico, Paola Taverna, Luigi Di Maio e, perché no ad Alessandro “Guevara” Di Battista. Invece quello che leggo è solo balbettio politico ed istituzionale. Una china politica che potrebbe trasformarsi in dirupo.

Mentre quello che sta emergendo (e giganteggiando), per l’ennesima volta in queste ore, è la figura di Giuseppe Conte, l’unico leader possibile che poteva garantire un futuro ed una rinascita al Movimento. E dice bene il professore quando rivolgendosi a Beppe Grillo lo invita a fare il “padre generoso, e non il “padre padrone”. Ma il nostro garante invece in queste ore prova a fare “l’affondatorecome racconta Marco Travaglio in un suo corsivo. Soprattutto con il riallineamento alla Casaleggio.

Intanto senza clamori come suo costume Giuseppe Conte, il presidente del Consiglio voluto dal M5s, un avvocato che Di Maio e Grillo avevano strappato ad una vita normale per catapultarlo a capo del governo, con la pacatezza di sempre, senza chiassosi tweet, annuncia che uno spazio politico per la sua figura ci sarebbe. Un leader che ha saputo imporsi anche in Europa con la fermezza e il buonsenso.

Illuminanti le sue parole, l’estate scorsa, sulla solidarietà necessaria tra i Paesi Ue: “Nessuno Stato può trarre vantaggio a scapito di altri”. È proprio su queste ultime parole vorrei soffermarmi. Parole che la dicono tutta sullo spessore morale e umano del nostro “capo politico in fieri”, un leader che non avrei esitato un solo istante a mettere a capo del Movimento. Un leader che la vita aveva “donato” al Movimento e che qualcuno ha saputo dissipare.

Un avvocato prestato alla politica che pur con tutti i suoi limiti, tra la trattativa del Recovery Fund e quella sulla concessione ad Autostrade, ha sviluppato il suo capolavoro politico: dare un’immagine chiara di fermezza e credibilità all’operato dei suoi governi e a questo Paese. In pochi avrebbero scommesso sul suo aut aut imposto alla famiglia Benetton, nessuno avrebbe scommesso un euro sui risultati ottenuti in Europa (dopo anni è riuscito a far abrogare le cosiddette clausole di salvaguardia). Ha prevalso in entrambi i casi. E solo una stampa serva e completamente obbediente al “Padrone in redazione” continua a minimizzarne i meriti e la caparbietà.

Da oggi credo che il Paese e il tanto auspicato “polo progressista” non possano e non debbano più ignorare la portata politica di Giuseppe Conte e del suo carisma. Oltre che del suo seguito. E rivolgendomi al nostro Garante con parole frementi dico: abbandona questa devastante Caporetto politica, riprendi quel dialogo continuo e popolare che ci ha portato nel voto e nel cuore di 17 milioni di italiani. Fallo soprattutto per i tanti che in tutti questi anni hanno speso forze, energie e il loro stesso cuore sotto centinaia di gazebo disseminati in tutte le piazze d’Italia; per i tanti che hanno creduto in un’Italia migliore e più trasparente. Un’Italia che davvero voleva cambiare marcia e costumi.

La possibilità di risalire la china, con competenza e sobrietà, è forse ancora a portata di mano. Il Paese lo merita. L’Italia deve riscoprire il valore di una persona per bene. Questo il cambio di passo necessario per parlare nuovamente al Paese. Facciamolo con il nostro nuovo leader. Facciamolo con Giuseppe Conte. Con il cuore a riveder le stelle.

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