Mimmo Parisi lascia Anpal. Ormai era nell’aria da tempo.

Ho visto tutta la sua parabola, dagli annunci roboanti come uomo della divina provvidenza agli attacchi scomposti da parte della politica e di tutto il sistema mediatico, fino all’indifferenza generalizzata che l’ha portato a questo triste epilogo.

Umanamente ha attirato fin dal principio la mia stima e simpatia. Probabilmente complice la sua storia di bambino orfano di padre, figlio di ragazza madre, l’infanzia difficile, la povertà, le sofferenze, le umiliazioni fino ad arrivare al riscatto guadagnato grazie a immensi sacrifici che lo portarono prima a diventare professore universitario negli Stati Uniti, poi a ricoprire un ruolo prestigioso per l’amministrazione Trump nel suo Mississippi.

Oggi più che mai mi sento in obbligo di ristabilire per quanto possibile un minimo di verità: sarà forse un difetto in politica, ma non ho mai sopportato alcuna forma di ingiustizia e di ingratitudine.

A mio parere Parisi in Anpal ha rappresentato un’occasione unica nel dare uno slancio al nostro Paese verso il futuro. E’ stato un’anomalia in un sistema delle politiche attive ingessato da vari interessi, gruppi di potere e dall’architettura inadeguata dell’Agenzia stessa prevista dal Jobs Act di Renzi.

Nonostante ciò non è stato con le mani in mano:

– ha creato le basi per una più facile ripresa occupazionale, grazie anche ai nuovi interventi e finanziamenti previsti dal Recovery Plan;

– ha contribuito a creare una maggiore solidità degli operatori sul territorio, inclusa l’attivazione dei navigator – considerati risorse preziosissime dagli addetti ai lavori – e la stabilizzazione dei precari storici di Anpal Servizi, consolidando il rapporto con le Regioni;

– ha creato il primo strumento digitale di integrazione automatizzata dei dati dei registri del lavoro (Atlante del lavoro, Repertorio Istat, Excelsior, Esco, O Net); uno strumento che consente di identificare e mappare in tempo reale per chi cerca lavoro e per chi offre lavoro le competenze, le attività e gli strumenti necessari per ogni tipo di professionalità richiesta dal mercato del lavoro;

– ha sviluppato un sistema digitale per la raccolta delle opportunità occupazionali nel breve, medio e lungo termine; il sistema contiene più di 3 milioni di imprese, su scala nazionale, con l’obiettivo di allineare al meglio i piani assunzionali delle imprese con le politiche attive del lavoro, per facilitare una migliore programmazione delle attività;

– ha attivato il Fondo nuove competenze, che ha assistito migliaia di lavoratori e moltissime imprese, per un volume di oltre 700 milioni di euro;

– ha coordinato i programmi a finanziamento europeo, come Garanzia Giovani.

– ha avviato la realizzazione del modello delle Industry Academy, incentrato sul coordinamento delle attività di tutti gli attori delle politiche attive, al fine di avvicinare in modo più efficace le imprese a chi cerca lavoro;

– infine, ha dato un contributo fondamentale alla realizzazione del Reddito di Cittadinanza, delineando un processo di intervento e assistenza tecnica ai beneficiari tenuti al patto per il lavoro, in modo uniforme su tutto il territorio: oltre 500mila persone hanno avuto la possibilità di riaffacciarsi sul mercato del lavoro e quasi 1 milione è stato riavvicinato al sistema dei centri per l’impiego, dove hanno ricevuto un’assistenza personalizzata e sviluppato un piano per il rientro o per una prima entrata nel mercato del lavoro.

Questi sono solo alcuni dei risultati ottenuti dal Professore italoamericano e di cui nessun organo di stampa ha mai concretamente dato notizia.

Ma in questo lungo commento vorrei parlarvi anche dell’uomo Parisi.

Dovete sapere che ha sempre detestato le etichette. Non ha mai voluto nella maniera più assoluta farsi chiamare “Dottor”, “Professor” o “Presidente” Parisi, ma semplicemente Mimmo.

Nel luglio del 2019, quando ancora ricoprivo l’incarico di Sottosegretario al Ministero del Lavoro, ci recammo insieme a un’importante manifestazione a Montepulciano, “Luci sul lavoro”. All’accoglienza gli avevano preparato un badge da indossare con la scritta “Prof. Parisi”. Lui con estrema cortesia si fece sostituire il badge correggendo la scritta in “Mimmo” e lo indossò orgogliosamente durante l’intera giornata di lavori.

A quel punto gli chiesi il motivo di questa sua ostinazione nel farsi chiamare con il suo diminutivo. Mi rispose che nella sua vita, fin da bambino, gli avevano affibbiato le peggiori etichette, proprio per il suo passato complicato. Per la gente lui era quello che non aveva una vera famiglia, il figlio di…, il “pezzente”, “Mimmo lo scemo” e così di seguito.

E ora che era diventato “qualcuno” non voleva essere giudicato esclusivamente per il ruolo che ricopriva, perché – mi spiegò – dietro a ogni etichetta c’è sempre una persona con dei valori, delle emozioni e delle idee indipendente dalla maschera che la società talvolta ti impone di indossare.

In effetti Mimmo ha sempre portato il medesimo rispetto e dato la stessa dignità a ogni persona che ha avuto in qualche modo a che fare con lui, dalla signora delle pulizie al dirigente più alto in grado.

Il tanto chiacchierato Parisi è stato ed è questo, e posso assicurare che è quello che ho visto da vicino, senza i filtri dei media che ne hanno dipinto un ritratto completamente distorto: ci tenevo a condividerlo con chi avrà la pazienza di leggermi fino in fondo.

In estrema sintesi volevo rappresentarvi come abbiano ingiustamente cercato di infangare la sua immagine, sia sotto il profilo professionale, sia sotto il profilo umano.

Al netto di tutto ciò che di buono ha lasciato la sua esperienza nel sistema delle politiche attive, sono convinto che a rimetterci con la ripartenza di Parisi per gli Stati Uniti è ancora una volta il nostro Paese, nel quale lui ha investito tutto se stesso con un impegno e un entusiasmo encomiabili fino all’ultimo giorno.

Per quel che può valere, la mia gratitudine e la mia riconoscenza non mancheranno.

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