“Sono affetto della sindrome bipolare e alterno momenti ‘up’ a quelli ‘down’. Nei momenti di euforia le campagne elettorali erano la mia droga“. E’ iniziata così, con una dichiarazione spontanea, l’udienza del processo ‘Fenice-Carminius’ sulle infiltrazioni della ‘Ndrangheta nel Torinese durante la quale è stato interrogato l’ex assessore regionale Roberto Rosso. Eletto con Fratelli d’Italia nel maggio 2019 e scelto dal governatore Alberto Cirio per far parte della sua giunta, è stato arrestato a dicembre scorso con l’accusa di voto di scambio politico-mafioso e poi rinviato a giudizio.

“Ho letto e riletto le ordinanze in cui mi si accusa e da un anno e mezzo mi chiedo come possa essere finito in una situazione del genere – ha continuato Rosso in aula, orai agli arresti domiciliari dopo cento giorni di carcere, difeso dagli avvocati Giorgio Piazzese e Franco Coppi – Durante l’interrogatorio ero uscito con una battuta infelice ‘Sarò da perizia psichiatrica’ dissi. Grazie al percorso di psicoterapia che da quel momento il tribunale mi ha concesso di fare, ho capito che sono affetto da disturbo bipolare“. Secondo l’accusa Rosso avrebbe avuto contatti con due presunti boss legati alle cosche calabresi, che hanno chiesto il pagamento di 15mila euro in cambio di un pacchetto di voti per le elezioni regionali del 2018. “Io non ho pagato 15mila euro e non ho mai pagato per pacchetti di voti. Mi chiedo ancora oggi come io sia finito dentro questa vicenda”, sostiene l’ex assessore.

Quindi fornisce la sua spiegazione dei fatti: “Non avevo avuto la minima percezione che fossero mafiosi e nemmeno poco raccomandabili. Sembravano due persone qualunque che avrei potuto incontrare al mercato. Sarò stato superficiale, ma mi è stato spiegato che può essere una conseguenza della bipolarità di cui soffro“, sostiene durante l’interrogatorio. La perizia psichiatrica che attesta la sua condizione, riferisce La Stampa, è firmata da un perito incaricato dal giudice della fase cautelare. È stata acquisita nel dibattimento, ma non fa riferimento a infermità mentali al momento della condotta di reato contestata. Rosso però sostiene che se avesse identificato i suoi interlocutori, li avrebbe “allontanati”.

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