Rai? Il mondo sta cambiando, siamo di fronte allo sviluppo di tante nuove piattaforme televisive e noi qui stiamo ancora a discutere dei pesi e delle misure di un direttore generale o di un cda della Rai. Mi sembra di stare davvero a “Scherzi a parte”, siamo davvero fuori dal mondo. Ma, perbacco, vogliamo saltarci dentro questo problema qui?”. Sono le parole del deputato di LeU, Pier Luigi Bersani, intervistato da Lanfranco Palazzolo per Radio Radicale, sull’atavica questione relativa alla Rai e al controllo dei partiti.
E aggiunge: “Ci sono 10mila persone che lavorano in Rai, c’è tanta professionalità, c’è un mondo da ridefinire. Sta cambiando tutto. Ma cosa vuole fare la Rai da grande? È possibile che ancora oggi non si riesca a discutere radicalmente del problema? Sono esterrefatto. In questi giorni ancora si finisce sempre lì, con le prime pagine dei giornali a discutere del cda Rai. Ma siam fuori come dei balconi, ragazzi”.

Il parlamentare spiega il “metodo Bersani” e la sua idea di servizio pubblico: “Invadenza dei partiti nella Rai? Come la penso, l’ho fatto, nel senso che, quando ero segretario del Pd, mi sono rifiutato di nominare i due ‘nostri’ nel cda della Rai e ho chiesto ad associazioni della società civile i nomi che poi avrei proposto. Fecero i nomi di Gherardo Colombo e di Benedetta Tobagi. A loro non ho mai telefonato, se non l’ultimo giorno per ringraziarli del loro impegno. Passai e passo come un don Chisciotte, per l'”idiota” di Dostoevskij. Ma la soluzione per evitare l’invadenza dei partiti nella Rai è molto semplice: basta rifiutarsi di nominare coloro che sono imposti dal partito – continua – Se invece parliamo della Rai, un’azienda che prima o poi andrà contro un muro sul piano industriale se non si fa una riflessione, io la penso e l’ho sempre pensata così: cosa è che oggi giustifica il concetto di servizio pubblico e quindi del pagamento di un canone? Oggi l’unica cosa che può giustificare il pagamento del canone è fare della Rai, magari dimensionata diversamente, il luogo della libertà e della creatività. Un luogo, cioè, che arriva dove fallisce il mercato, che vuole cose già pronte e che difficilmente è portato a investire su una creatività diffusa in giro per l’Italia”.

E aggiunge: “La Rai ha dentro di sé questa vocazione. Basti pensare ad Alberto Arbasino che fa “Match”, a Enzo Biagi, a Renzo Arbore che s’inventa Benigni, alla trasmissione “Via dei Matti numero zero”: io pago il canone se ho un servizio pubblico che mi garantisce di andare a pescare nei luoghi della creatività italiana. E che garantisca il massimo della libertà nella discussione. Dove fallisce il mercato è giusto che arrivi il pubblico. Partiamo da questo concetto: ne deriverebbe una politica industriale dell’azienda. Altre idee? Ben vengano, confrontiamoci. Ma usciamo da questo tormentone, da questa storia di una politica romana che mette sempre le mani sulla Rai – prosegue – Si parla di Fedez, ma qui ci sono 10mila persone che lavorano nella Rai. C’è un problema industriale, è necessario dare una prospettiva a quest’azienda. Da 20 anni non si riesce a discutere della mission della Rai, ma solo dei termini che sentiamo in questi giorni e che io, con la mia testimonianza donchisciottesca, risolsi già 10 anni fa: non li nomino e basta. Ci vuole poco: i partiti non nominino. È un metodo di transizione che dice: così non voglio andare avanti”.

Bersani conclude: “Ma come si può giustificare il canone oggi? Io sono per tenerlo, magari ridotto, ma riformulando la mission. Questo è il servizio pubblico per cui sono disposto a pagare il canone: un luogo di assoluta libertà. Le censure le faccia il mercato, che ha interesse a farle. Persino Berlusconi andò a prendere della creatività per le sue reti, però questa non è la mission del privato, che è andare sul sicuro e ogni tanto fare un investimento. La mission del pubblico, che ho in testa io, è fare sempre e solo investimento. Per questo si paga il canone”.

Articolo Precedente

Mafia, il Pd sventola alla Camera i torroncini Condorelli: “Solidarietà all’imprenditore siciliano, oggi siamo tutti lui” – Video

next