Dove le scuole sono iniziate in presenza tra il 7 e l’11 gennaio, l’aumento percentuale dei ricoveri in terapia intensiva in una settimana è del 15%. Dove invece il ritorno in classe è avvenuto solo il primo febbraio, questo valore si ferma all’un per cento. Sulla base di questi dati, il matematico Giovanni Sebastiani, dell’Istituto per le Applicazioni del Calcolo ‘Mauro Picone’ del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr-Iac) non ha dubbi: “L’analisi delle curve del numero dei ricoverati nei reparti di terapia intensiva in Italia indica che il ritorno all’attività didattica in presenza dopo le vacanze di Natale sta veicolando l’attuale aumento della diffusione dell’epidemia di coronavirus in Italia”. Esiste quindi un legame diretto fra l’aumento dei ricoveri per Covid-19 nelle unità di terapia intensiva e la riapertura delle scuole.

Secondo Sebastiani, per limitare una ulteriore diffusione dei contagi è “importante interrompere quanto prima l’attività didattica in presenza in tutte le scuole, indipendentemente dalla fascia d’età, e nelle università“. La sua analisi indica che “la curva delle terapie intensive a livello nazionale in Italia è in aumento da circa due settimane” e che “la situazione a livello regionale è eterogenea sia a livello qualitativo che quantitativo”.

Considerando la data di inizio delle lezioni in presenza, avvenuto in momenti diversi per le diverse Regione, queste ultime possono essere divise in quattro gruppi: il primo comprende Trentino-Alto Adige (dove le scuole sono iniziate il 7 gennaio) con Abruzzo, Toscana e Valle D’Aosta (11 gennaio), il secondo Emilia-Romagna, Lazio, Molise e Piemonte (18 gennaio); il terzo Liguria, Lombardia, Marche e Umbria (25 gennaio); il quarto Basilicata, Calabria, Campania, Friuli-Venezia Giulia, Puglia, Sardegna, Veneto (inizio 1 febbraio) e Sicilia (inizio 8 febbraio). Per ognuno dei quattro gruppi, Sebastiani ha analizzato l’andamento dei ricoveri nelle unità di terapia intensiva ed è emerso così che “l’aumento percentuale dei ricoveri in una settimana diminuisce in modo lineare al ritardare dell’inizio dell’attività didattica”. I valori in ciascuno dei quattro gruppi di regioni-province autonome sono rispettivamente del 15%, 12%, 4% e 1%.

Il risultato, rileva il matematico del Cnr, “fornisce una chiara evidenza a supporto dell’ipotesi che l’attività didattica in presenza stia veicolando l’attuale aumento della diffusione del coronavirus nel nostro Paese. Ciò è avvalorato dal fatto che il valore mediano dell’età dei positivi registrati è in diminuzione ed è pari a 44 anni, secondo i dati dell’ultimo monitoraggio dell’Istituto Superiore di Sanità”. Sebastiani sottolinea infine che, “sebbene al momento non siano pubblicati dati quantitativi, la presenza documentata di numerosi focolai nelle scuole elementari e medie inferiori suggerisce che l’aumento della diffusione coinvolga le nuove varianti del virus, riscontrate anche in Italia, e trasmesse in modo significativo anche in questa fascia d’età”.

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