Il 7 di gennaio, giorno fissato per la ripresa delle scuole secondarie in presenza al 75%, si avvicina, ma ad avere la certezza che gli studenti torneranno in classe in sicurezza, senza più accalcarsi sui mezzi pubblici, sono solo i ministeri dell’Istruzione e dei Trasporti. Dopo mesi di braccio di ferro tra l’inquilina di viale Trastevere, Lucia Azzolina e quella di villa “Patrizi”, Paola De Micheli, il clima sembra essere quello di tregua.

Ad avere dei dubbi sul rientro all’indomani dell’Epifania sono soprattutto i sindacati, i presidi ma anche le Regioni che continuano ad andare in ordine sparso tant’è che la nuova presidente della Commissione istruzione della Conferenza delle regioni, l’assessora toscana Alessandra Nardini, conferma di non aver mai parlato di questo argomento negli incontri fatti. Ma ad essere prudente sulla data del 7 gennaio è anche il coordinatore del Comitato tecnico scientifico Agostino Miozzo che pur convinto della necessità di riportare i ragazzi in classe non nasconde che se la curva dei contagi continuerà a salire, si potrebbe non riaprire le superiori.

L’ottimismo arriva dal ministero dei Trasporti al lavoro con i prefetti per raggiungere l’obiettivo fissato. Dagli uffici di villa “Patrizi” fanno sapere che l’ultimo report del tavolo di coordinamento con i prefetti del 16 dicembre ha rilevato che “le cose vanno bene e nella maggior parte delle province gli accordi sono già fatti. Sulle città capoluogo di regione e qualche provincia del Sud ancora c’è qualche nodo da sciogliere in termini di orari scaglionati, ma sul lato trasporti (aggiunta mezzi) ci siamo”.

Parole accompagnate da quelle che arrivano da fonti del Governo che confermano che sono attivi da giorni e sono ormai operativi in tutte le province i tavoli dei Prefetti che lavorano in vista della riapertura delle scuole di secondo grado. In alcune province, in particolare in Toscana, Emilia-Romagna, ma anche in Abruzzo e Friuli Venezia Giulia, i tavoli avrebbero già definito i piani operativi e sarebbero già in fase conclusiva.

Da viale Trastevere fanno sapere che “in altre realtà, ci sono lavori in corso sul potenziamento del Tpl e sull’eventuale scaglionamento degli ingressi a scuola tra le otto e le dieci. Ci sono province che stanno anche pensando di modificare gli orari di ingresso negli uffici pubblici”. Coinvolti anche gli studenti convocati per sensibilizzarli e discutere insieme misure per evitare assembramenti fuori da scuola. Sforzi che le organizzazioni sindacali considerano tardivi.

Francesco Sinopoli, segretario nazionale della Flc Cgil non nasconde tutte le sue perplessità: “Il 7 gennaio è sempre più uno slogan del Governo e della ministra dell’Istruzione. Per due mesi abbiamo assistito ad un conflitto tra Stato e Regioni senza precedenti. Non si è risolto nulla sul versante trasporti ma nemmeno sulla questione della corsia preferenziale per i tamponi da fare agli studenti”. E sui tavoli dei prefetti, il numero uno della Flc Cgil è pure critico: “Avevamo chiesto di esserci ma nulla da fare. Il rischio che il 7 gennaio si ripresenti lo scenario di settembre è molto alto”.

Pragmatica la segretaria nazionale della Cisl Scuola: “Se i trasporti non sono in grado di reggere il volume di traffico degli studenti e le scuole sono costrette a differenziare gli orari di ingresso e di uscita, è praticamente impossibile rispettare il criterio del 75% di attività in presenza. La riorganizzazione in turni, con quel criterio, comporta una serie di effetti domino. Dovendo estendere gli orari di servizio su tutta la giornata, si rende necessario aumentare il personale dedicato alla pulizia e sanificazione degli ambienti, la ridefinizione di tutti gli orari è operazione molto complessa, mentre risulta impossibile conciliare gli orari delle numerose cattedre a scavalco. Ecco perché la quota del 75% si rivela nei fatti impraticabile”.

A far compagnia ai sindacati è il presidente dell’Associazione nazionale presidi, Antonello Giannelli: “E’ chiaro che se il trasporto va al 50% e le scuole al 75% ci sarà un sovraccarico sui mezzi. Si parla di ingressi in aula alle dieci senza sapere che tanti ordini di scuola fanno sei ore al giorno, sabato incluso. I ragazzi uscirebbero alle 16 senza aver pranzato. A che ora torneranno a casa? Quando studieranno? Dobbiamo poi guardare alla situazione pandemica che non è rosea”.

A fare un ragionamento più complesso e articolato è il coordinatore del Cts, Agostino Miozzo che per prima cosa guarda ai dati. Il capo del Cts parte da qui: “E’ evidente che se non siamo rigorosi durante le festività, la curva sarà devastante all’inizio dell’anno”. Di conseguenza se si dovesse verificare un nuovo lockdown nazionale o regionale anche le scuole non riaprirebbero. Miozzo teme che lo “straordinario” lavoro dei prefetti si possa arenare di fronte agli annunci catastrofici sull’epidemia: “I rappresentanti del governo sul territorio stanno lavorando bene e voglio ringraziarli pubblicamente, ma non ci devono essere scuse per abbandonare quei tavoli che devono trovare le risposte ai nodi che tutti conosciamo per la ripresa della scuola in presenza. Non dobbiamo fallire su questo appuntamento”. Il medico della Protezione civile è cauto anche nel parlare di Italia “rossa” a Natale: “Si fa presto a dire lockdown ma poi dobbiamo pensare a ristorare milioni di persone che non lavoreranno. Ci aspettano tre settimane dove dev’essere l’opinione pubblica a fare la sua parte, ma ci devono essere anche più controlli nelle città da parte della polizia locale. Solo così potremo riaprire con certezza le scuole”.

Intanto dalle Regioni arriva qualche avvisaglia delle difficoltà che si dovranno affrontare. L’assessore all’Istruzione del Pirellone, Melania Rizzoli è chiara: “ll 75% di studenti in presenza è una percentuale ambiziosa. Stiamo raccogliendo tutti i dati delle scuole lombarde e abbiamo capito che la sicurezza è garantita se parliamo di cifre tra il 50 e il 60%. Se non siamo pronti in Lombardia non lo sono neanche nelle altre Regioni. In ogni caso ci allineeremo alle decisioni del Governo”.

Dubbi anche dall’assessore all’istruzione della Calabria, Sandra Savaglio: “Ci sono i treni pieni di persone che raggiungeranno la nostra Regione da fuori. Le vacanze saranno un vero problema. I prefetti si stanno organizzando per avere il tracciamento degli spostamenti dei ragazzi. Per noi, in Calabria, il tema dei trasporti resta un problema”.