Da Bagnoli Futura a Invitalia, dagli enti locali ai ministeri, passando per i commissari straordinari. Si fa prima (ma si fallisce) a dire chi non ha responsabilità nella storia dell’ex area Italsider. Nell’ultima relazione della Corte dei Conti sullo stato dei finanziamenti destinati a bonifica e rigenerazione urbana dell’area, i giudici contabili analizzano quanto avvenuto dal 2015 al 2018 (con aggiornamenti a luglio 2020) ma c’è, non a caso, uno sguardo al passato. Che vale la pena di tenere presente per non ripetere gli errori che hanno fatto spendere quasi 900 milioni di euro per ottenere risultati che i magistrati contabili definiscono “talvolta anche peggiorativi”.

UNA STORIA INIZIATA NEL 1911 – Il fatto di dovere bonificare un’area nella quale alla fine dell’Ottocento sorgeva un borgo residenziale e di villeggiatura termale è già una sconfitta. Nel 1911, con la collaborazione del governo, su quel territorio venne costruito un grande stabilimento dell’Ilva, l’azienda siderurgica che nel 1961 avrebbe cambiato nome in Italsider. Poi si aggiunsero la Eternit, Cementir e Montecatini. L’attività dello stabilimento siderurgico Ilva-Italsider è finita nel 1991, mentre il processo di riqualificazione dell’area è iniziato (sulla carta) nel 1994. Da allora si sono accumulate vecchie e più recenti colpe. “Malgrado i fondi siano stati messi a disposizione di Invitalia già dal 2017 – scrive la Corte dei Conti – la bonifica dell’ex area Eternit, all’interno del Sin, non è stata ancora ultimata”. La gara per il completamento della bonifica dall’amianto è stata aggiudicata a maggio 2020 ma, sottolineano i giudici, sono diverse le criticità nello stralcio di Piano urbanistico di risanamento ambientale adottato dal commissario Francesco Floro Flores nel 2019.

IL PERIODO INVITALIA – Il periodo preso in esame nella relazione coincide con la prima gestione commissariale, quella di Salvo Nastasi, nel quale Invitalia (con amministratore delegato Domenico Arcuri) ha operato come soggetto attuatore. Nel 2014 l’allora premier Matteo Renzi aveva prima affidato la bonifica dell’ex area Italsider al commissario e, poi, gli aveva affiancato una cabina di regia. Sullo sfondo una guerra tra lo stesso Renzi e il sindaco di Napoli, Luigi De Magistris. Nel periodo in esame sono stati assegnati solo a Invitalia 442,7 milioni di euro, di cui 87,5 effettivamente erogati. Una cifra che si aggiunge ai 117 milioni e ai 285 milioni erogati precedentemente a Bagnoli spa e Bagnolifutura, dichiarata fallita nel 2014 e al centro di un processo arrivato al secondo grado di giudizio. E se, da luglio 2015 a dicembre 2018, le spese per il mantenimento dei due gruppi di lavoro di Invitalia ammontano a 17,2 milioni di euro, le realizzazioni hanno riguardato solo la fase di studio e di ‘caratterizzazione’ delle aree, ossia le attività necessarie prima di progettare gli interventi di bonifica e di risanamento “peraltro ancora in corso”.

A CHE PUNTO SIAMO – Il risultato è un macigno: la bonifica di Bagnoli-Coroglio, poi Sito d’interesse nazionale (Sin), decisa nel 1994 e iniziata nel 1996, è tuttora “ancora lontana dalla sua conclusione, malgrado l’enorme onere finanziario sostenuto nei 25 anni di attività” che hanno portato a risultati “talvolta anche peggiorativi dell’inquinamento dell’area, causati da interventi di bonifica non idonei”. Nel 2016 Renzi aveva previsto la fine dei lavori entro il 2019. Un anno dopo scriveva su Facebook che l’Arenile Nord di Bagnoli era stato “restituito ai napoletani”. Ma proprio Invitalia, a dicembre 2017, pubblicati gli esiti delle attività di caratterizzazione effettuate, aveva dichiarato che la bonifica avrebbe dovuto riguardare tutta l’area a terra, anche la zona che era già stata oggetto di precedenti interventi. Una conferma di quanto sostenuto mesi prima nella perizia disposta dal Tribunale di Napoli, secondo cui gli interventi di bonifica a Bagnoli “così come realizzati” avevano “compromesso la futura fruibilità dei luoghi”, perlomeno di quelli a destinazione d’uso residenziale. Dopo 25 anni e 400 milioni (fino ad allora) sprecati solo per le bonifiche fantasma. I magistrati contabili hanno approfondito, riportando nella relazione 2020 – e non è un caso – anche i contenuti delle tre precedenti analisi realizzate nel 2003, nel 2004 e nel 2009.

LA CORTE BOCCIA TUTTI – Nel 2009, in particolare, la Corte dei Conti aveva bocciato “lo stato di avanzamento delle realizzazioni” e riscontrato che erano stati spesi poco più di 77 milioni di euro, corrispondenti solamente a circa un terzo della disponibilità totale (di 259 milioni), mentre la bonifica non era stata completata a causa della mancata rimozione della colmata a mare, come non era stata ripristinata la balneabilità delle spiagge, né si era ancora individuato il luogo dove smaltire il materiale di risulta delle bonifiche.

Di chi era la colpa? “La Corte ritiene responsabili – scrivevano i giudici contabili – tutti gli organi istituzionali coinvolti nel progetto, rivelatisi del tutto inadeguati ai compiti loro assegnati e che nel corso di questi anni non sono stati in grado di trovare una definitiva risoluzione alle problematiche, dando, con ciò, una visione di inefficienza dell’apparato amministrativo”. La magistratura contabile aveva sottolineato, in particolare “sia l’imprudente atteggiamento tenuto dal Comune di Napoli (guidato da Antonio Bassolino fino alla sua elezione a presidente della Regione, nel 2001 e, da quell’anno, da Rosa Russo Iervolino, ndr)” sulle modalità di individuazione del sito di discarica, “sia l’inerzia del Commissario di Governo, che pure avrebbe potuto azionare i propri poteri sostitutivi in caso di inadempienze dei competenti uffici comunali e regionali”.

E poi c’è il capitolo del soggetto attuatore, Bagnolifutura spa, da parte del quale, ricordano ora i giudici contabili, sono state rilevate “superficialità nella fase di affidamento degli appalti e disinvoltura nella gestione della bonifica”, mentre, sotto il profilo procedimentale, sono state riscontrate “numerose varianti in fase di progettazione ed in corso d’opera, blocco dei lavori e richieste di danni da parte delle imprese, nonché indeterminatezza degli stati di avanzamento e dei tempi di realizzazione”.

L’ETERNO CANTIERE – Il punto, però, è che le criticità hanno continuato ad allungare i tempi di realizzazione degli interventi anche in anni più recenti e hanno riguardato soprattutto le difficoltà dei soggetti attuatori di “conciliare gli interessi contrapposti dei vari soggetti pubblici e privati coinvolti per le operazioni di bonifica”. Anche il sequestro penale di gran parte dell’area del Sin, avvenuto nel 2013 “non ha certamente agevolato la solerte prosecuzione dei programmi”. Il relativo procedimento penale, incardinato per reati di disastro colposo e truffa, attualmente in grado di appello, ha interessato i vertici della società Bagnolifutura s.p.a., amministratori e dipendenti pubblici. Anche presso la sezione regionale della Corte dei conti della Campania è in corso un giudizio per danno erariale.

LE CRITICITÀ DEL PRARU – Nel giugno 2019 il commissario Francesco Floro Flores ha adottato lo stralcio urbanistico del Piano di risanamento ambientale e di rigenerazione urbana, con il quale è stata stabilita la destinazione urbanistica dell’area all’interno del Sin, ma che, per i giudici contabili “presenta diverse criticità sia sotto il profilo della puntuale individuazione delle strutture da realizzarsi”, sia per “la previsione finanziaria”.

La Corte dei Conti sottolinea, in primis, la necessità che tutti i soggetti interessati operino in Cabina di regia e in Conferenza dei servizi. Quindi anche il Ministero per i Beni e le attività culturali, per evitare “che l’applicazione di prescrizioni o veti comporti ritardi sul cronoprogramma con conseguente aggravio di costi”. E poi c’è la colmata, una collina di rifiuti industriali accumulati su 220 ettari sottratti al mare, la cui rimozione è prevista da vent’anni: ad oggi non sono stati ancora individuati i siti nei quali destinare l’enorme quantità di materiali inquinanti provenienti dalla rimozione della colmata, nonché dai sedimenti dei fondali marini e dall’amianto proveniente dall’area ex Eternit.

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