Oltre al Covid, a complicare la vita di migliaia di precari quest’anno c’è anche un algoritmo. No, non si tratta dei rider o dei fattorini di Amazon. Stavolta è toccato agli insegnanti, quelli che ogni anno vengono chiamati a riempire i buchi della scuola italiana, anche nel sostegno. “Al calvario delle nomine ero abituata. Ma con l’informatizzazione delle graduatorie, mai come quest’anno mi sono sentita un numero”. Inizia così il racconto di Maria. Due lauree, diploma in lingua dei segni, un master sulle disabilità sensoriali e quasi vent’anni di esperienza accanto a bambini e ragazzi sordi, Maria è insegnante di sostegno a Milano, precaria. Nell’Italia che cerca soluzioni alla carenza di docenti per la didattica di inclusione, la storia di Maria è una possibile risposta, negativa, a tante domande: “Non ci fosse questa crisi, quest’anno mi sarei cercata un altro lavoro”.

Come hanno chiesto sindacati, associazioni e molti colleghi, Maria ha sperato fino all’ultimo di vedere confermate le graduatorie dell’anno scorso, e in base a quelle di essere richiamata in cattedra. Il ministero dell’Istruzione ha invece deciso che, pandemia o no, le graduatorie andavano aggiornate. Una scelta legittima, ma non priva di conseguenze. “Fino all’anno scorso compilavamo le domande in presenza, magari presso i Caf dei sindacati”, racconta Maria. “Le scuole ti inviavano la convocazione con la graduatoria di istituto dove eri inserito e tu rispondevi confermando la disponibilità. Non era un sistema perfetto, ma riuscivo sempre ad entrare in una delle scuole opzionate. Scuole che avevo scelto anche per la compatibilità tra le mie competenze e quelle richieste”. Poi la pandemia, e l’esigenza del distanziamento che spinge l’informatizzazione dell’intero processo inaugurando le “convocazioni a distanza” attraverso la piattaforma Sigeco, già utilizzata in altri ambiti dalla pubblica amministrazione. A mancare, concordano i sindacati, sarebbe stato il necessario periodo di rodaggio. E l’impossibilità per gli istituti scolastici di avviare convocazioni dirette. Il risultato? Errori nei punteggi dei docenti, persone che risultano assenti nelle graduatorie e altre che sono state incaricate e poi licenziate una volta che il dirigente della scuola ha scoperto gli errori. Errori di un sistema che ricadono sull’anno scolastico già in corso e lasciando i ragazzi senza docente. Quelli che necessitano di un insegnante di sostegno, spesso, rimangono a casa. “La settimana scorsa eravamo decine di fronte all’Ufficio scolastico territoriale di Milano, alcuni in lacrime”, racconta Maria.

Per lei i problemi iniziano un venerdì di ottobre, quando può finalmente accedere alla nuova piattaforma online per indicare le preferenze sulle scuole. Deve completare tutto nel weekend e consegnare entro la mattina di lunedì. Nel fine settimana non c’è modo di rivolgersi ai sindacati, per chiarire un dubbio e chissà, evitare errori. Che l’algoritmo fa pur non ammettendo quelli altrui. Ma Maria questo ancora non lo sa. “Visto che parliamo di contratti a termine, tra cattedre che scadono il 30 giugno e altre che arrivano al 31 agosto ho scelto queste per prime: si tratta di due mesi di stipendio in più”, spiega Maria, reduce da un’estate in cui la disoccupazione di luglio e agosto ha superato di poco i 700 euro. Per non sbagliare, nello spazio destinato alle note Maria esplicita la disponibilità, per tutti gli istituti già opzionati, a ricoprire anche le cattedre con scadenza al 30 giugno. “Peccato che l’algoritmo quelle note non le tenga in alcuna considerazione”, racconta anticipando quanto scoprirà di lì a poco. Ma c’è dell’altro. “Accetta o rifiuta nomine d’ufficio nel caso di indisponibilità nelle scuole selezionate?”, chiede la piattaforma. Siamo seri, quale scelta potrà mai fare un precario? “Ovvio che ho accettato. Di questi tempi, poi”. Tutto bene, dunque? No, tutto male.

Quanto scritto nelle note non ha alcun valore, e Maria si ritrova esclusa dalle graduatorie delle scuole selezionate, con buona pace delle sue specifiche competenze, offerte a scuole che ne fanno richiesta e ai loro alunni con disabilità. Resta solo l’accettazione di delegare all’Ufficio scolastico territoriale la facoltà di assegnarle una nomina d’ufficio. “Constatiamo che in molti casi la delega non è stata registrata dal sistema”, dichiara la Cisl Scuola in Lombardia, denunciando l’esclusione dalle nomine di molti docenti che ne avevano diritto. Nel nostro caso, invece, l’algoritmo che non legge le note ha registrato la delega, trasformando Maria in un numero, senza specifiche competenze e senza dimora. Sì, perché Maria non ha la macchina, “e le scuole che avevo selezionato erano raggiungibili”. Tutto inutile. La nomina d’ufficio riguarda una scuola di Garbagnate milanese. Per lei sono tre ore sui mezzi pubblici e altrettante al ritorno. È qui che decide di andare direttamente all’Ufficio scolastico, dove incontrerà tante altre vittime degli errori del nuovo sistema. “Se io mi sentivo un numero, altri si disperavano perché erano addirittura diventati fantasmi: risultavano assenti dalle graduatorie e per loro non c’era nessuna cattedra”, racconta Maria. Che commenta: “Non stupisce che l’Italia fatichi a trovare insegnanti di sostegno. Non ne vale la pena, è meglio cercarsi un lavoro da commessa che accettare questo calvario umiliante”. E i numeri, purtroppo, le danno ragione.

Il concorso straordinario che si sta svolgendo in tutta Italia per l’immissione in ruolo di docenti, anche di sostegno, non ha sufficienti candidati per coprire le necessità delle regioni. E mentre il Covid fa saltare i corsi di specializzazione nel sostegno tenuti dagli atenei, a fine ottobre molti studenti con disabilità sono ancora privi di insegnante. Cattedre che quest’anno, col ritorno di una didattica a distanza ancora non attrezzata sul fronte dell’inclusione, potrebbero non diventare mai operative. “Alla funzionaria del Provveditorato ho spiegato che persone più in basso in graduatoria avevano preso le cattedre che avevo opzionato”, racconta Maria. Ma non c’è niente da fare. “L’unica ad aver sbagliato ero io. Anzi, mi ha detto di ritenermi fortunata che ancora c’era una cattedra disponibile e più vicina a casa: appena due ore con quattro mezzi pubblici”. Ma l’amarezza vera sta altrove: “Sono una ricercatrice in storia dell’arte, e in quel campo ho applicato anche i miei studi sulle capacità sensoriali”, racconta chi ha dedicato saggi, mostre e un romanzo alla materia. “Tutto questo non interessa. Quando ragioniamo di cervelli in fuga, domandiamoci come li abbiamo trattati prima che scappassero”

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