Cultura

Zerocalcare: la recensione di “Scheletri”, il suo nuovo fumetto. Un thriller a tinte pulp sul bisogno di affrontare i propri demoni

Il fumettista romano torna con un inedito graphic novel. Un fumetto "più efferato del solito" in cui l'autore racconta paure e ansie attraverso una storia di periferia tra sangue e droga

di Simone Marchisano

Un dito mozzato, un mistero e una bugia ingombrante. Così inizia il nuovo fumetto di Zerocalcare, Scheletri, uscito il 15 ottobre per Bao Publishing. Ispirato ad alcuni fatti reali e a cavallo tra oggi e vent’anni fa, il nuovo libro del fumettista romano è una storia di fantasmi e mostri, con elementi thriller. Non si tratta però di creature aliene che infestano il nostro mondo, ma dei demoni che ognuno di noi porta dentro di sé e con i quali deve convivere, cercando – quando possibile – di sconfiggerli.

Come molti fumetti di Zerocalcare, si tratta di un racconto in cui l’autobiografia e la fiction si mescolano e dove l’esperienza personale dei protagonisti diventa un modo per raccontare sogni, fallimenti e vicissitudini di un’intera generazione.

Il protagonista di Scheletri è un diciottenne – alter ego dell’autore vent’anni fa – che, invece di andare all’università come dice a sua madre, ogni mattina si reca alla metro B di Roma e trascorre lì la sua giornata, osservando i pendolari e fuggendo dal mondo. Qui incontra un ragazzo più giovane di lui, “Arloc”, con il quale condivide l’impossibilità di far fronte alle proprie ansie e il desiderio di nascondersi da tutto e tutti, nel fallimentare tentativo di lasciarsi scorrere addosso la vita, senza affrontarla. Quello tra i due è un incontro destinato a sconvolgere la monotonia del protagonista e il rapporto sarà in grado di sbloccarlo, facendolo uscire dal suo guscio di apatia. Ma ciò avverrà solo tramite una “terapia d’urto”.

L’ambientazione è Roma – o, meglio, Rebibbia (quartiere a cui l’autore è molto affezionato) – e a fare da sfondo alla narrazione ci sono situazioni e personaggi che i lettori di Zerocalcare hanno imparato a conoscere e fare propri. Ai luoghi del quartiere, le case popolari e gli amici di sempre si aggiungono però, in quello che lo stesso autore ha definito un graphic novel “più efferato del solito”, due elementi che raramente hanno caratterizzato così tanto i suoi lavori precedenti: sangue e droga. Arloc rivelerà un carattere impulsivo e a tratti violento e mostrerà al protagonista che anche lui ha i suoi demoni da affrontare, più spaventosi e difficili da sconfiggere di quelli di Zero. Il fumettista inietta così nella sua opera tinte pulp attraverso tavole che sorprendono il lettore per l’ottimo utilizzo di bianco e nero che sembra voler mettere in evidenza le scene più truculente della storia.

Una narrazione che sembra figlia di registi e scrittori cari all’autore come Quentin Tarantino e Joe R. Lansdale e che Zerocalcare utilizza sia per raccontare una periferia ai margini delle luci del centro città sia per affrontare paure più grandi e impalpabili, quelle di una generazione impreparata ad affrontare il mondo, chiusa in una bolla dalla quale è difficile uscire. Con uno sguardo rivolto al passato e soprattutto al se stesso adolescente, Zerocalcare accompagna il lettore in un racconto sulla transizione tra età (post)adolescenziale ed età adulta.

Quella di Zerocalcare non è però (solo) un romanzo di formazione, ma anche il momento per l’autore di fare i conti con se stesso, con cosa è diventato e con le decisioni, spesso difficili, che hanno condizionato la sua vita attuale. Al racconto thriller, Zerocalcare affianca tavole che riflettono sul proprio ruolo e sulla “sindrome dell’impostore” che lo caratterizza. Se anche nelle precedenti opere non mancavano riferimenti ai fumetti precedenti, al ruolo dei suoi “disegnetti” e in generale a un sentimento di inadeguatezza, in Scheletri la riflessione si fa più profonda, anche se sempre in equilibrio tra serietà e autoironia.

Non mancano i riferimenti alla cultura pop degli anni ‘80 e ‘90, cifra stilistica del fumettista. Le sale giochi in cui il lettore può riconoscere titoli come “Metal Slug” o “Street Fighter”, riferimenti a cartoni animati, film e serie tv e tutto quell’immaginario che ha plasmato un’idea – forse nostalgica – di un passato che non può tornare diventano leitmotiv di una storia di crescita. Anche se, questa volta, crescere significherà passare attraverso dolore e sangue, facendo i conti con gli “scheletri” che cerchiamo di nascondere.

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