Nella maggior parte dei Paesi l’energia prodotta da pannelli fotovoltaici è ormai più conveniente di quella che arriva dalle centrali a carbone o a gas. E se la pandemia l’anno prossimo sarà sotto controllo e la crescita mondiale tornerà ai livelli pre Covid, il futuro dell’energia vedrà le rinnovabili soddisfare l’80% della domanda aggiuntiva destinata a emergere di qui al 2030, mentre il carbone entro il 2040 coprirà meno del 20% dell’offerta per la prima volta dalla Rivoluzione industriale. La Cina nei prossimi 10 anni installerà una capacità di produzione elettrica da rinnovabili pari alla produzione totale di Francia, Germania e Italia nel 2019. Sono le stime contenute nell’ultimo report dell’Agenzia internazionale dell’energia.

Il direttore esecutivo, Faith Birol, ha definito il solare “il nuovo re dei mercati mondiali dell’elettricità“: fornirà il maggior contributo alla crescita delle fonti rinnovabili, seguito dall’eolico, mentre l’idroelettrico continuerà ad aver il maggior peso in termini produttivi. Tutto questo però non basterà per raggiungere la neutralità climatica nel 2050. Per farlo servono “forti azioni aggiuntive”: per tagliare le emissioni di circa il 40% entro il 2030 è necessario che le fonti pulite forniscano quasi il 75% della produzione globale di elettricità nel 2030, rispetto a meno del 40% nel 2019, e che oltre il 50% delle autovetture vendute in tutto il mondo nel 2030 siano elettriche, in aumento rispetto al 2,5% del 2019.

Il 2020 “è stato un anno tumultuoso per il sistema energetico globale e la crisi del Covid-19 ha causato più sconvolgimenti di qualsiasi altro evento nella storia recente, lasciando cicatrici che dureranno negli anni a venire”, spiega l’agenzia nel World Energy Outlook 2020. “Ma se questo sconvolgimento alla fine aiuterà o ostacolerà gli sforzi per accelerare la transizione verso l’energia pulita e per raggiungere gli obiettivi energetici e climatici internazionali dipenderà dal modo in cui i governi rispondono alle sfide odierne”. Stando alle proiezioni, nel 2020 la domanda globale di energia dovrebbe diminuire del 5%, le emissioni di Co2 legate alle fonti energetiche del 7% e gli investimenti del 18%. Nello scenario base la domanda globale tornerà ai livelli pre-crisi solo all’inizio del 2023, ma nel caso di una recessione più profonda e di una prolungata emergenza sanitaria bisognerà aspettare fino al 2025.

Questo il quadro complessivo. L’Aie, però, fornisce una serie di trend anche per ogni singola fonte energetica. Petrolio e gas pagheranno il rallentamento della domanda e andranno incontro, per colpa del taglio degli investimenti, a una forte volatilità. Al contrario le energie rinnovabili assumeranno sempre di più “un ruolo da protagonista“, con il solare “al centro della scena” grazie al sostegno politico e agli sviluppi tecnologici che hanno spinto il fotovoltaico a essere più economico delle centrali a carbone o gas. Cruciale però che ci siano “solidi investimenti nelle reti elettriche“, altrimenti le infrastrutture rischiano di diventare un anello debole nella transizione energetica.

Per i combustibili fossili il destino è ormai segnato con il gas a sostituire il carbone. L’Aie non prevede per la domanda di carbone un ritorno ai livelli pre-crisi e stima un calo del peso sul mix energetico al di sotto del 20% nel 2040. Al contrario crescerà “in modo significativo” il ricorso al gas naturale, principalmente in Asia, mentre il petrolio rimarrà “vulnerabile alle maggiori incertezze economiche derivanti dalla pandemia”.”L’era della crescita della domanda mondiale di petrolio finirà nel prossimo decennio”, avverte Birol. “Tuttavia senza un grande cambiamento nelle politiche del governo, non c’è segno di un rapido declino. Sulla base delle impostazioni politiche odierne, un rimbalzo economico globale spingerebbe presto la domanda di petrolio ai livelli pre-crisi”.

L’Aie lancia un avvertimento anche sul fronte delle emissioni. “Nonostante un calo record quest’anno, il mondo è lontano dal fare abbastanza per spingerle verso un trend di declino decisivo”. E la bassa crescita economica può rappresentare un rischio per le politiche ambientali. Per il direttore esecutivo dell’agenzia, solo “i governi hanno la capacità e la responsabilità di intraprendere azioni decisive per accelerare la transizione verso l’energia pulita e mettere il mondo sulla buona strada per raggiungere gli obiettivi climatici, comprese le emissioni nette zero”. In caso contrario gli obiettivi climatici internazionali saranno fuori portata. Secondo l’Aie, per esempio, il traguardo delle emissioni nette pari a zero per il 2050 potrebbe essere raggiunto solo se nei prossimi 10 anni saranno implementate “drammatiche iniziative” aggiuntive rispetto a quanto già si sta facendo. Senza ulteriori azioni bisognerà, invece, spostare l’asticella a ben venti anni dopo.

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