L’ultima frecciata è arrivata con un tweet secco, senza fronzoli: “Quando li prendono gli altri si chiamano sussidi. Quando li prendi tu, contributi alla competitività”. Mittente il vicesegretario del Pd Andrea Orlando, destinatario non esplicitato. Eppure chiarissimo: Confindustria. E arriva nel giorno in cui il presidente degli industriali Carlo Bonomi, davanti all’assemblea degli iscritti, aveva chiesto una “visione diversa dai sussidi” per “sostenere i settori in difficoltà” dopo il lockdown. “Non vogliamo diventare un Sussidistan”, la frase a effetto che riprende le parole dell’ex segretario generale della Fim, Marco Bentivogli, ora impegnato nel lancio di Base. “Sulle filiere – aveva aggiunto il presidente di Confindustria – occorre uno sforzo particolare, ma non sussidi né ulteriore indebitamento” quanto piuttosto “condizioni regolatorie e di mercato tali da tornare ad accrescere produzione e occupazione”.

Una posizione netta, quella di Orlando, nel giorno in cui riparte un timido dialogo tra governo e viale dell’Astronomia dopo mesi di gelo per la gestione economica durante e dopo la crisi sanitaria. Non si tratta della prima bordata del vice di Nicola Zingaretti negli ultimi mesi. Ad agosto, in un post su Facebook, era entrato a gamba tesa nel dibattito sollevato dal Corriere della Sera, e apprezzato da Confindustria, sulle misure “neostataliste” del governo: “I tapini non si rendono conto di quale regalo facciano ai populisti ai quali consegnano l’immeritato attestato di difensori del popolo. (Nulla di più falso, il populismo difende alla fine lo status quo sociale)”.

A giugno aveva invece attaccato frontalmente Bonomi per il parallelo politica-virus in un’intervista a Repubblica. “Ma davvero è accettabile che la politica (tutta) sia accostata a un virus da un rappresentante economico? Non credo ci sia altro Paese in Europa (compresi i Paesi che hanno reagito assai peggio dell’Italia al Covid) nel quale un parallelo così rozzo e generico sarebbe accettato”, aveva scritto su Facebook. “A parte la sensibilità di assumere come termine di paragone un fenomeno che ha provocato decine di migliaia di morti in Italia, è il segno – aveva aggiunto Orlando – di quanta strada abbia fatto l’antipolitica nel nostro Paese, o meglio, di quanta strada abbia fatto la politica che si traveste da antipolitica”. “È un processo che va avanti da anni e non mi pare ci abbia consegnato né istituzioni più solide né una politica migliore. Una politica, peraltro, tanto debole da accettare il parallelo quasi in silenzio”, concluse il numero due del Partito Democratico.

Quindici giorni prima aveva avvertito: “Presto attacchi al governo da centri economici e dei media”. E spiegato: “Ci parleranno della capacità comunicativa di Conte o dell’errore di questo o quel ministro, ma all’ordine del giorno c’è un altro tema: provare a vedere se si costruisce un’altra formula politica” che “va respinta”. “Dobbiamo saperlo – aggiunse – gestire quei flussi finanziari fa gola a molti, e alcuni si prestano anche a operazioni politiche che vanno in questo senso”. Anche ad aprile, quando si scatenò la corsa alla riapertura, Orlando a il Manifesto non fu tenero: “Prima di riaprire tutto servono i dati. In gioco ci sono vite, Confindustria lo sa”.

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