L’inchiesta sui commercialisti sembra riservare l’apertura di altri fronti. L’esplosione in estate del caso, con il fermo di Luca Sostegni il 15 luglio scorso nell’ambito della compravendita di un capannone rifilato a prezzo doppio alla Lombardia Film Commission, ha risvegliato la memoria di molti. Stanno arrivando in questi giorni in Procura a Milano diverse segnalazioni dal mondo bancario di operazioni sospette da parte di imprenditori con controparte o la Lega o società riconducibili ai contabili finiti ai domiciliari giovedì scorso. Alcune segnalazioni, sono arrivate alla Guardia di Finanza attraverso l’Uif di Bankitalia e sono recenti (dello scorso agosto), in altri casi, invece, dal mondo bancario sono arrivate direttamente agli inquirenti. Questo perché probabilmente è emersa la figura di un ex direttore di banca rimasto senza lavoro per una serie di favore, a suo dire a costo zero, al gruppetto di professionisti legati al Carroccio.

Ghilardi non segnalava all’antiriciclaggio le operazioni anomale, e che a suo dire, non avevano nessuna ragione economica, ma l’ex direttore della filiale Ubi di Seriate (Bergamo) finito nei guai per queste sue “disattenzioni”, lo faceva per un amico, Alberto Di Rubba, direttore amministrativo per la Lega al Senato ed ex presidente della Lombardia Film Commission, che oggi al giudice per le indagini preliminari Giulio Fanalese, si è detto estraneo alle accuse. “La banca non ha perso un centesimo, io non ho preso un soldo, l’ho fatto solo per amicizia e in buona fede” diceva, intercettato il 21 maggio scorso, proprio mentre parla con Di Rubba, arrestato assieme ad altri due commercialisti di fiducia della Lega, Andrea Manzoni e Michele Scillieri, e al cognato di quest’ultimo Fabio Barbarossa. Ghilardi, prova a esporre le sue giustificazioni per le mancate segnalazioni di una serie di operazioni sospette sui conti di società di Di Rubba e dell’altro revisore del Carroccio Andrea Manzoni. Mancate segnalazioni per le quali in quel periodo il bancario doveva difendersi da contestazioni disciplinari che porteranno poi al suo licenziamento.

L’ex bancario preoccupato: “Chi caz… mi assume?” – Ghilardi è molto preoccupato per il suo futuro, mentre legge a Di Rubba tutte le contestazioni che l’istituto gli ha fatto: “perché a 50 anni dove caz.. vado? (…) chi caz.. mi assume (…) allora lì dovrò contare ancora su di te o su qualcuno“. E Manzoni il giorno successivo, parlando con un avvocato che assiste Ghilardi, gli dice: “Hanno fatto adesso una contestazione disciplinare di (…) non so quante pagine (…) tutto legato a noi per il discorso Lega”. Ghilardi, che è stato sentito dai pm di Milano come teste, ha poi raccontato le “anomalie” delle movimentazioni su quei conti: “Sono operazioni prive di valide ragioni economiche che, aldilà degli importi, non mi è capitato di vedere in tutta la mia carriera. E ho lavorato in banca quasi trent’anni”. Il teste nel verbale del 22 luglio ha parlato anche dei “giri di soldi tramite ‘Più voci'”, l’associazione di cui era legale rappresentante il tesoriere della Lega Giulio Centemero, e del fatto che “Di Rubba mi aveva chiesto di aprire il conto di Radio Padania e delle associazioni regionali della Lega”. Ghilardi ha raccontato agli inquirenti che l’operazione di apertura di quei conti, però, non andò in portò perché non era ben vista ai piani alti dell’istituto di credito, poiché si trattava di conti intestati ad associazioni politiche. Di Rubba, tra l’altro, in passato aveva lavorato in banca e proprio alle dipendenze di Ghilardi, suo amico. E per questo motivo che, stando alla procura di Milano, si organizza un incontro con i vertici della Lega a Roma.

Ghilardi a verbale aveva parlato, tra l’altro, dei “movimenti registrati sui conti” di due società dei contabili del Carroccio, la Sdc e lo Studio Cld, e di “numerosi accrediti da Lega Nord sempre con la medesima causale ‘saldo fattura’”. Anche “il conto personale” di Manzoni “beneficiava” di questi accrediti con la stessa causale. I due gli dicevano che erano per “attività di consulenza” ma “mi sembrava strano poiché nello stesso periodo capitava che fatturassero al partito con più ragioni sociali“. Dopo che Ghilardi è stato licenziato dall’istituto lo scorso maggio, i due contabili hanno chiuso i conti e li hanno spostati. Al centro delle indagini per aver ricevuto soldi dalla Lega c’è l’imprenditore Francesco Barachetti e gli inquirenti stanno cercando di capire se ci siano altre ‘figure’ dello stesso tipo nell’ipotesi di una raccolta di ‘fondi neri’ e di passaggi di denaro da società a società.

Di Rubba al giudice: “Soldi leciti” – Rispondendo al giudice Di Rubba ha detto che parte dei soldi che per la Procura sono stati incassati in seguito alla vendita del capannone di Cormano non hanno nulla di illecito ma sono semplicemente la commissione percepita per una compravendita immobiliare gestita da Andromeda. Di ogni operazione l’ex presidente della Lombardia Film Commission, avrebbe dato le sue giustificazioni anche sotto il profilo contabile. Ha spiegato per esempio che i 178mila euro versati dalla società Andromeda, riconducibile a Michele Scillieri, in favore della Sdc, riferibile a lui stesso e anche ad Andrea Manzoni, sarebbero la commissione per una vendita di un immobile di proprietà di una famiglia bergamasca. Anche Manzoni ha negato gli addebiti. Nei prossimi giorni l’avvocato chiederà la revoca dei domiciliari. L’vvocato ha aggiunto che il capitolo Lega “non fa parte di questo filone di indagine”. E ciò spiega il motivo per cui durante l’interrogatorio non sarebbero state date risposte a un paio di domante relativi ai fondi del partito.

Scillieri e Barbarossa, invece, hanno deciso di non presentarsi per gli interrogatori di oggi e di non rispondere al giudice, mentre l’interrogatorio di Manzoni, revisore contabile della Lega alla Camera, si terrà dopo quello di Di Rubba, perché i due contabili del partito, assistiti dall’avvocato Piermaria Corso, hanno deciso di difendersi dalle accuse probabilmente rimanendo nel perimetro del caso del capannone venduto all’ente per 800mila euro. Prezzo gonfiato, secondo l’accusa, per drenare soldi pubblici dalla fondazione partecipata dalla Regione Lombardia. Presente agli interrogatori anche il pm Stefano Civardi, titolare dell’indagine con l’aggiunto Eugenio Fusco. Scillieri non si è presentato perché, come ha chiarito il suo legale Massimo Di Noia, “c’è troppa pressione mediatica, sarebbe come sottoporlo a delle forche caudine”.

Intanto, l’inchiesta che parte dalla vicenda del capannone di Cormano sta cercando di appurare anche se i contabili abbiano o meno raccolto ‘fondi neri’ per il partito. Indagine che si muove in parallelo a quella genovese sul riciclaggio dei 49 milioni di euro di cui non si trova più traccia. Dalle carte dell’indagine, ossia da migliaia di atti depositati in questi giorni, sono emerse una serie di movimentazioni finanziarie sospette tra la Lega, i contabili finiti ai domiciliari e anche l’imprenditore Francesco Barachetti, titolare della Barachetti service srl che incassò più di 200mila euro per la ristrutturazione del capannone e che negli ultimi anni avrebbe ottenuto anche pagamenti per oltre 2 milioni di euro dal Carroccio.

In un’informativa della Guardia di finanza del novembre 2019 c’è anche una segnalazione di operazione sospetta in relazione a circa 18,7 milioni di euro arrivati sul conto “dello studio notarile Mauro Grandi di Milano” il 5 luglio 2018 e provenienti dallo “studio notarile associato Busani-Ridella-Mannella” sempre di Milano. E lo stesso giorno quei soldi, si legge, sarebbero stati trasferiti con due bonifici “verso Basilea (Svizzera) in favore di Bailican Ltd”, società con sede legale a Cipro, e di ‘Merchant Trust’. Ieri in Procura a Milano è stato chiarito dagli inquirenti che quest’operazione indicata nell’informativa non c’entra con le indagini in corso nel capoluogo lombardo sul caso del capannone e sui presunti ‘fondi neri’ della Lega. Sul riciclaggio dei famosi 49 milioni, invece, la competenza è della Procura di Genova. L’informativa è negli atti delle indagini milanesi perché, è stato riferito, “il nominativo del notaio Mauro Grandi”, come si legge nell’annotazione, è emerso nella vicenda dell’immobile perché “ha rogitato i due atti di compravendita”.

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