Oggi ripartono le scuole e molti alunni senza la possibilità di fermarsi a mangiare. In molte scuole il servizio mensa non sarà previsto per alcune settimane. In altre si faranno più turni (anche quattro) per utilizzare il refettorio mantenendo il distanziamento di un metro previsto dalle indicazioni del Comitato tecnico scientifico a discapito dei bambini che dovranno consumare velocemente il pasto per lasciare il posto ai loro compagni. Ma c’è anche chi mangerà in classe usando il cosiddetto lunch box che doveva essere – secondo il Cts – solo una soluzione estrema. E il nodo delle mense preoccupa non poco i sindacati, che temono una riduzione del personale in appalto e segnalano come per gli addetti non siano disponibili i test sierologici gratuiti garantiti invece ai docenti.

A Roma la Filmcas Cgil, la Fisascat Cisl e la Uiltucs che si occupano della categoria dei lavoratori dei servizi hanno scritto una lettera alla sindaca Virginia Raggi: in mancanza di dispositivi di protezione individuale nessuno entrerà in mensa. La preoccupazione dei sindacati riguarda anche una possibile riduzione del personale a causa del minor numero di persone necessario. C’è poi il tema tariffe: secondo Cittadinanzattiva le quote di contribuzione di mamma e papà potrebbero aumentare. Si stima un incremento complessivo dei costi per le imprese dal 20 al 30 per cento. Soldi che, se il governo non interverrà a sostegno del comparto, rischiano di ricadere sulle famiglie. Preoccupate anche per la qualità del cibo che in molti casi potrebbe diventare una monoporzione fredda e poco allettante.

Il nodo dei test sierologici: “Lavoratori in appalto non compresi” – A dare un quadro della situazione è Maria Grazia Gabrielli, segretaria nazionale Filmcas Cgil: “La panoramica non è omogenea. Abbiamo situazioni dove hanno definito le modalità per la ripartenza come previsto dai protocolli e altre che sono oggettivamente in ritardo. La preoccupazione che abbiamo espresso per Roma e la regione Lazio è diffusa su tutto il territorio nazionale”. Per quanto riguarda i dispositivi di protezione individuale per il personale della ristorazione scolastica, Gabrielli è convinta che non ci saranno problemi. Altra musica per quanto riguarda i test sierologici richiesti da molti addetti alla mensa: “Seppur volontariamente il personale docente può farlo. La stessa indicazione non è data per i lavoratori in appalto. Chiediamo che lo possano fare anche loro”.

I lunch box e le conseguenze sull’occupazione – La segretaria nazionale è molto critica sull’uso del lunch box: “Se si mangia in classe la sanificazione dev’essere fatta prima e dopo il pasto: chi la fa? Il personale mensa o i bidelli? Non solo. Il lunch box ha un effetto sulla tenuta occupazionale delle mense perché si riducono le ore da dedicare al servizio. La preparazione del pasto avviene fuori dalla scuola e a quel punto una serie di passaggi non ci sono. L’effetto è quello di una riduzione dei lavoratori”. Stiamo parlando di un comparto che riguarda 39mila persone oltre a circa 25mila addetti alle pulizie e alla sanificazione. La preoccupazione è condivisa dal segretario nazionale della Cisl Fisascat, Davide Guarini: “La ripresa di molte mense è incerta. Speriamo che non vi siano ripercussioni sul personale che già ha dovuto vivere per mesi con gli ammortizzatori sociali”.

Il rischio sprechi e la “fuga” delle famiglie dal servizio mensa – Chi sta seguendo da vicino la questione è Adriana Bizzarri, responsabile del settore scuola di Cittadinanzattiva: “Siamo in ansia perché in molte scuole il servizio partirà in ritardo o forse non comincerà nemmeno. Il lunch box, inoltre, doveva essere una misura residuale e invece sembra che in molti istituti sia usato per tutte le classi. Abbiamo calcolato che con le monoporzioni si arriverebbe ad un 50% di cibo scartato e a uno spreco di plastica pari a undici chili all’anno per ciascun bambino. Se, poi, aumenteranno le tariffe dovremo fare i conti con un esodo dei genitori dalla mensa”. Una “fuga” che si sta già registrando: l’idea che i bambini debbano pranzare seduti a un metro di distanza e dopo la mensa non possano giocare tra loro ha convinto molte famiglie a non iscrivere il figlio al servizio. Sabina Calogero, mamma e coordinatrice nazionale delle commissioni mensa, è preoccupata della qualità del cibo: “Avremo a che fare con piatti unici e freddi per il lunch box. E’ chiaro che se aumenteranno le tariffe molti genitori sceglieranno l’opzione del pasto da casa”. Ciò che è certo è che il menù cambierà: le società di ristorazione stanno pensando a più lasagne e meno minestre e all’acqua in bottiglietta anziché in caraffa.

A Milano refettorio o soluzioni miste, ma senza lunch box – Intanto nel capoluogo lombardo il servizio mensa è già partito lunedì con la scuola dell’infanzia, ma Milano Ristorazione che fornisce 80mila pasti al giorno è pronta ad affrontare anche la ripartenza del 14: “In più del 50% delle scuole – spiega il presidente della società Bernardo Notarangelo – si mangerà in refettorio conservando le distanze con più turni; qualche istituto avrà una soluzione mista, refettorio più aula; in qualche caso (meno del 10%) si mangia solo in classe”. Ma attenzione: Milano Ristorazione ha scelto di non adottare la formula lunch box. “Il pasto – spiega Notarangelo – sarà completo, buono, sano, educativo e giusto per tutti”. Il presidente assicura anche che le tariffe non saranno aumentate. I genitori si aspettano in ogni caso di ricominciare con la mensa. Secondo una recente indagine condotta da SWG per l’osservatorio permanente di Cirfood il 78% delle famiglie vuole la ripartenza con il servizio di ristorazione, meglio se in refettorio.

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