L’avvocato Giancarlo Pittelli sarà processato con il rito immediato. Lo ha stabilito il giudice per l’udienza preliminare di Catanzaro che ha accolto la richiesta avanzata dai difensori dell’indagato coinvolto nella maxi-inchiesta Rinascita-Scott con la quale la Direzione distrettuale antimafia ha stroncato le cosche del Vibonese colpendo i colletti bianchi al servizio della famiglia mafiosa dei Mancuso.

Il processo per Pittelli e per altri tre imputati – Mario Lo Riggio, Salvatore Rizzo e Giulio Calabretta – inizierà il prossimo 9 novembre davanti al Tribunale collegiale di Vibo Valentia. L’ex senatore di Forza Italia è accusato di concorso esterno in associazione mafiosa. Per gli investigatori, coordinati dal procuratore capo di Catanzaro Nicola Gratteri e dai suoi pm della Dda, Pittelli era il trait d’union tra la ‘ndrangheta, la massoneria e la politica. I magistrati non hanno dubbi quando lo definiscono “l’affarista massone dei boss della ‘ndrangheta calabrese” che con lui è riuscita a relazionarsi “con i circuiti bancari, con le società straniere, con le università e con le istituzioni tutte”.

Stando all’impianto accusatorio, infatti, Pittelli sarebbe stato “la cerniera tra i due mondi” in una “sorta di circolare rapporto ‘a tre’ tra il politico, il professionista e il faccendiere”. In sostanza, il suo posto era “in quella particolare frangia di collegamento con la società civile, rappresentata dal limbo delle logge coperte”. I boss lo nominavano loro avvocato “in quanto capace di mettere mano ai processi con le sue ambigue conoscenze e rapporti di ‘amicizia’ con magistrati”.

Da settimane, il giornale Il Riformista diretto da Piero Sansonetti è intervenuto in difesa di Pittelli parlando di reato “fantasioso che non esiste” accusando la Procura di Catanzaro di non averlo interrogato. Gli fa eco anche Vittorio Sgarbi che, dopo aver visitato in carcere Pittelli, si è schierato con l’ex parlamentare di Forza Italia arrivando a presentare addirittura un esposto al Csm contro la Procura di Catanzaro: “La carcerazione di Pittelli – dice Sgarbi – viola la Costituzione e lo stato di diritto perché viene tenuto in carcere senza che sia stato mai interrogato e senza che sia stato celebrato un processo. Nei suoi confronti accuse fumose, frutto di ipotesi senza prove, in spregio a ogni principio di civiltà giuridica”.

L’arresto di Pittelli, chiesto dalla Dda, in realtà è stato avallato prima dal gip, poi dal Riesame e infine dalla Cassazione che, pur annullando alcune aggravanti, ha confermato la misura cautelare nei suoi confronti. Come d’altronde ha fatto il gip che, più volte, ha rigettato le istanze di scarcerazione. Per quanto riguarda il diritto di Pittelli a essere sentito, inoltre, pure in questo caso la versione del Riformista e di Sgarbi è parziale: dopo l’avviso di chiusura indagini notificato dalla procura, infatti, l’ex senatore ha chiesto un interrogatorio e, come prevede la legge, essendo lui detenuto a Nuoro, nel carcere di Badu e Carros, la Dda ha disposto di sentirlo per rogatoria.

Quando però si è trovato davanti al magistrato sardo, incaricato di sentirlo dai colleghi di Catanzaro, Pittelli si è rifiutato di farsi interrogare ed è ritornato in cella senza rendere alcuna dichiarazione. Lo aveva fatto anche prima, qualche giorno dopo l’arresto del 19 dicembre scorso, quando davanti al sostituto procuratore Annamaria Frustaci (uno dei pm titolare dell’inchiesta) e dal gip che lo ha arrestato, si è avvalso della facoltà di non rispondere.

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