Bisogna proprio che i democratici diffidino di Donald Trump, se non vogliono ritrovarsi di nuovo scornati la notte dell’Election Day, il 3 novembre, come avvenne quattro anni or sono quando Hillary Clinton uscì sconfitta, nonostante tutti i sondaggi a favore e oltre tre milioni di voti in più. Quest’anno, i sondaggi, almeno ora, a 75 giorni dall’Election Day, sono più favorevoli a Joe Biden di quanto non lo fossero a Hillary, il cui vantaggio non era mai andato in doppia cifra; e, inoltre, la vice di Biden, Kamala Harris, ha più appeal dello sbiadito Tim Kaine che Hillary s’era scelto.

Ma il magnate presidente dimostra ogni giorno d’essere un avversario temibile e di non essere affatto domo. Ieri sera, ora americana – questa notte, ora italiana -, ha magistralmente saputo rubare la scena alla terza giornata della convention democratica. Eppure, è stata la più emotivamente intensa finora, con gli interventi di Barack Obama e di uno stuolo di donne agguerrite, Kamala, Hillary, Nancy Pelosi, Elizabeth Warren, Gabby Gifford e via dicendo.

In conferenza stampa, Trump ha fatto il suo contro-canto alla kermesse democratica e ha replicato agli attacchi. Fin qui, roba da copione: di Obama, ha detto “Quando vedo l’orrore che ci ha lasciato e la stupidità degli accordi che ha concluso … era terribile, fu un presidente inefficace”; e ha finto d’interrogarsi sulla Harris, “Ma non aveva detto che Biden è razzista?”.

Il colpo a sorpresa è venuto quando ha avallato le teorie cospirazionistiche del movimento QAnon, secondo cui lui sta segretamente salvando il mondo da una setta di pedofili e cannibali, che sarebbero Hillary, Obama, Bill Gates, George Soros e compagnia bella: “Non ne so molto”, ma “capisco che gli piaccio molto e questo lo apprezzo […] Ho sentito dire che sono persone che amano il nostro Paese […]È una cosa negativa? Stiamo veramente salvando il mondo”.

In un Paese normale, in un Mondo normale, il presidente “rettiliano” a sua insaputa avrebbe segnato, con quelle parole, la fine della sua credibilità, ammesso ne abbia ancora e ne abbia mai acuta. Ma nel Paese che lo ha eletto, c’è chi pensa davvero che Trump non sia affatto il narcisista reazionario che raccontano “le fake news dei mainstream media”, ma che sia l’eroe che beffa il deep state, cioè una cabala perversa delle persone più influenti su questa Terra: sta “prosciugando la palude”, come aveva promesso.

Nelle sue parole, il reality posticcio, un po’ Dan Brown e un po’ Temptation Island, diventa realtà. E lui, da imbonitore, diventa eroe. Proprio mentre Obama lo accusa di gestire la presidenza “come se fosse un reality” e di essere solo interessato “a se stesso”.

La cronaca racconta che la Harris ha accettato la nomina a vice-presidente di Biden e che Obama ha sostenuto che Trump costituisce “una minaccia per la democrazia”. È stato il “Kamala day”, ma l’intervento più intenso è stato quello di Obama, il cui discorso fa il paio con quello appassionato e forte della moglie Michelle nella giornata inaugurale.

Agrodolce l’apparizione di Hilary Clinton, dopo le contestazioni sul web al marito Bill: l’ex first lady, senatrice, segretario di Stato e candidata 2016 alla Casa Bianca mescola l’amarezza della sconfitta e la voglia di rivincita dei democratici nell’Election Day il 3 novembre con il ticket Biden/Harris.

La nomination della Harris, che ha parlato dal palco della convention, in un vestito color quaresima che pare essere il suo preferito, di fronte a una sala praticamente vuota, ha una valenza storica, perché, con le sue origini afro-americane e indiano-americane, è la prima donna non bianca nominata in un ticket presidenziale da uno dei maggiori partiti. La Harris, ex procuratore generale della California, ha ammonito: “Riconosco un predatore quando ne vedo uno” e “Non c’è vaccino contro il razzismo” – Trump e i suoi fan sono stati avvisati -.

Obama ha tracciato un fosco quadro dell’America, parlando del suo successore come di una persona che non si preoccupa della gente, non si assume le responsabilità ed è una minaccia per il welfare e per le istituzioni democratiche. “Le conseguenze del suo fallimento sono gravi: 170 mila americani morti, milioni di posti di lavoro persi, i nostri peggiori istinti liberati, la nostra reputazione di cui eravamo orgogliosi molto diminuita nel Mondo e le nostre istituzioni democratiche minacciate come mai prima”.

La speaker della Camera Pelosi dice: “Ho visto di persona il disprezzo di Trump per i dati e i fatti, per le famiglie dei lavoratori e per le donne in particolare, un disprezzo scritto nelle sue politiche, non solo nel suo comportamento”. Per la Warren, “l’ignoranza e l’incompetenza di Trump sono pericolose per il nostro Paese”. La Gifford, l’ex deputata ferita alla testa in una sparatoria a Tucson in Arizona nel 2011, avverte: “Siamo a un bivio: possiamo lasciare che le sparatorie continuino o possiamo votare per Biden”.

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