Il Lazio punta forte sulle discariche per uscire dall’emergenza rifiuti. E ora l’iter di approvazione di Malagrotta 2 è sempre più in discesa. Il nuovo piano, atteso dal 2012, è stato approvato nella serata di mercoledì in consiglio regionale e prevede la realizzazione di almeno 6 impianti di stoccaggio, uno per la città di Roma e un altro per ognuna delle cinque province della regione. Nonostante le frecciate reciproche giunte in tarda serata, sembra reggere anche l’accordo del dicembre scorso fra Virginia Raggi e Nicola Zingaretti, quello che portò la sindaca capitolina a individuare la nuova discarica di via di Monte Carnevale, in cambio della rimozione del cosiddetto “sub-ambito” romano. Questa definizione, per legge, avrebbe vincolato Roma a trattare e smaltire i rifiuti all’interno dei propri confini. Il principio, invece, è indicato solo in un paragrafo dell’emendamento di giunta che, in teoria, obbliga la Capitale a non usufruire (a partire dal 2022) di impianti presenti nei comuni limitrofi (e viceversa). Ma la mancata definizione dell’ambito territoriale ottimale – normato dal decreto legislativo 22/1997 – lascerà comunque l’iniziativa a un ente di gestione provinciale. In sostanza, difficilmente cambierà qualcosa. Il cosiddetto lodo-Valeriani (dal nome dell’assessore regionale ai rifiuti) si è reso necessario per sedare il malcontento trasversale tra i consiglieri non romani, mossi dai rispettivi interessi territoriali. Ma l’effetto collaterale molto probabilmente è che la provincia di Roma finirà per avere almeno tre discariche: una per la città e due per l’hinterland (una a nord e una a sud).

Malagrotta 2 e le schermaglie M5s-Pd – Al centro del dibattito resta la discarica Malagrotta 2, argomento molto delicato in vista delle elezioni in Campidoglio del 2021 che, al momento, vede M5s e Pd divisi. La vicenda che ha portato alla delibera della giunta capitolina del 31 dicembre scorso e all’individuazione della cava di proprietà del “socio occulto” Valter Lozza, è finita all’attenzione del pm romani. La delibera, arrivata su pressione di un’ordinanza firmata da Nicola Zingaretti, difficilmente verrà ritirata. Con l’approvazione del piano, la Regione Lazio si è presa la responsabilità di “ordinare” una discarica nel territorio capitolino e, qualora la conferenza dei servizi andasse a buon fine, sarà l’ente che la autorizzerà. Mossa che in Campidoglio hanno già iniziato a rinfacciare al governatore. “Il Partito delle Discariche ancora una volta getta la maschera – ha detto Paolo Ferrara, ex capogruppo oggi fedelissimo della sindaca – La Capitale per Zingaretti è nulla, mille anni di storia, di cultura sono discarica per il Presidente della Regione”. Il governatore e segretario nazionale dem, poco prima aveva affermato che “ora tutti si devono assumere le proprie responsabilità per una gestione green del ciclo. Basta furbizie”. Parola, quest’ultima, che non è piaciuta a Raggi, la quale ha risposto twittando: “Roma e i suoi tre milioni di abitanti non meritano altre discariche e tmb nella loro città. Non rispetti nemmeno la parola data”.

Il piano: gli impianti dei privati e la gestione – Nel piano non ci sono soltanto le discariche. La Regione Lazio procederà alla riconversione dell’ex inceneritore di Colleferro, facendolo diventare un “compound” di materiali per la separazione a freddo del materiale in uscita dagli impianti tmb (trattamento meccanico-biologico). A questo impianto andrà affiancato un altro gemello probabilmente a nord di Roma. Proprio per quanto riguarda i tmb, viene meno il principio di solidarietà tra province. Sebbene, nel suo complesso, gli impianti presenti in tutta la regione siano sufficienti per trattare l’immondizia raccolta, le varie province non sono però autosufficienti; questo obbligherà ciascun ambito ad autorizzare nuovi impianti per rispettare i principi territoriali. L’esempio più calzante resta il tmb di Aprilia: pur distante pochi chilometri da Roma, si trova nel territorio della provincia di Latina, dunque dal 2022 (a meno di deroghe) non potrà essere più utilizzato dalla Capitale. La città di Roma, a sua volta, dovrà costruirne di nuovi e dentro i suoi confini. In seguito a un emendamento firmato dal consigliere Pd, Eugenio Patané, e approvato dall’Aula, infine, sarà istituita una cabina di regia per il monitoraggio del piano. L’assenza di nuovi termovalorizzatori ha portato il consigliere di Forza Italia, Giuseppe Simeone, e quello di Energie per L’Italia, Stefano Parisi, a parlare di “ipocrisia” e di un “piano ideologico che non risolve niente”.

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