Sì John, dico davvero: Imagine non piace a certe persone. Anzi sarebbe meglio dire alcune esponenti della destra. Prima ha cominciato Susanna Ceccardi, europarlamentare e candidata presidente per la Lega alle elezioni regionali in Toscana, che ha detto che era una canzone marxista. Lo so, non lo è e nemmeno tu avresti voluto che lo fosse, il fatto è che per lei “marxista” è un insulto, un segno di disapprovazione tremenda nei confronti dei tuoi versi: “immagina che non ci siano più paradiso né inferno, né nulla da pregare”, dai, siamo pazzi! I leghisti si sa, sono profondamente cristiani, ne condividono tutti i valori e tu vieni a dirci “nothing to kill or die for”!

Poi è arrivata anche Giorgia Meloni: “Beh, non è una canzone il cui testo mi appassiona, insomma. Dice che non ci siano le religioni, che non ci siano le nazioni”. John, niente nazioni? E come facciamo poi a dire “prima gli italiani” o “America first”? Altro che “a brotherhood of man”, un mondo condiviso, in pace.

“È l’inno dell’omologazione mondialista. Io francamente sto da un’altra parte: per me l’identità è un valore”. Eccola qua, la solita solfa dell’identità, che deve essere per forza limitata e contro qualcuno. Sentirsi parte di una umanità più vasta spaventa i provinciali del pensiero identitario, non sia mai che ci tocchi confrontarci con il diverso!

“Poi è una bellissima canzone – bontà sua, ha detto – Se uno, diciamo, non capisse l’inglese e non sentisse il testo, la canzone è fantastica”. Ecco, certo, se non capisse l’inglese anche Blowing in the wind sarebbe fantastica e forse se Francesco Guccini avesse scritto Auschwitz in turkmeno sarebbe ancora più bella.

E che dire di Us and Them dei Pink Floyd, in cui si dice che siamo tutti uomini semplici e che chissà cosa avremmo potuto scegliere. Il dubbio, altro tema da cui rifuggire: costa tempo e fatica. Meglio semplificare, ridurre tutto a slogan facile, soprattutto se si parla dell’Altro.

Eppure lo avevi detto: “non è difficile da fare”. Niente, d’altra parte tu sei un sognatore e lo ammetti pure. Mi spiace, John, davvero, no dai, non ridere, è tutto vero, non ti sto prendendo in giro. E dillo che sei soddisfatto. Non so se lo avresti mai detto che dopo cinquant’anni le tue parole avrebbero ancora suscitato polemiche. Merito tuo, certo, sei unico, eterno ma, perdonami, è anche colpa dell’ignoranza di certa gente, siamo onesti. A volte si potrebbe anche stare zitti, no?

Comunque, cosa ne dici se d’ora in avanti, nelle manifestazioni contro le destre, invece di scandire quegli slogan ormai un po’ datati e anche un po’ sguaiati (fascista carogna…) pensa che bello cantare tutti in coro Imagine no possession… Forte, a squarciagola, magari rischiando anche di stonare un po’ sul falsetto del “you, you may say I’m a dreamer…” Ce lo concedi il permesso?

In fondo immaginare un mondo migliore è la cosa più umana che si possa fare, John. Per questo non piace a certe persone.

I nuovi Re di Roma

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