“A settembre si dovrà ritornare in aula riprogettando l’offerta didattica delle discipline e fruendo di spazi interni ed esterni alla scuola”. È una delle proposte che la task force nominata dalla ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina ha presentato in audizione alla commissione cultura della Camera. Patrizio Bianchi, coordinatore del gruppo di lavoro che aveva il compito di proporre soluzioni per il rientro a scuola ha elencato ai deputati i possibili strumenti affidati alle autonomie scolastiche per permettere l’avvio del nuovo anno scolastico. Sarà poi la ministra a decidere e a stilare le linee guida che saranno consegnate nelle mani dei dirigenti. Intanto la task force ha messo un punto fermo: fate lezioni all’aperto e rivedete in quest’ottica l’insegnamento delle materie.

Soddisfatti di questa indicazione sono soprattutto alcuni pedagogisti che nelle scorse settimane hanno lavorato in questa direzione. Tra loro la professoressa Monica Guerra, docente presso il dipartimento di scienze umane per la formazione ‘Riccardo Massa’ di Milano e fondatrice dell’associazione ‘Bambini e Natura’: “Quella fatta da Bianchi è un’apertura interessante perché parla di offerta didattica della scuola. Rispetto al documento del Comitato tecnico scientifico che si preoccupava solo della sicurezza dei luoghi all’esterno ora si parla di “fuori” come luogo di apprendimento. Non solo, per la prima volta si dice spazi interni ed esterni. Il transito tra l’uno e l’altro è importante”.

La professoressa Guerra è convinta che questa proposta possa davvero essere declinata in ogni scuola: “Portare le discipline fuori non è una cosa complicata, attorno ad un albero puoi fare storia, geografia, scienze, matematica e letteratura. La didattica di un albero può far dialogare tutte quante le discipline. Credo che il poter usufruire da settembre in poi di tutte le opportunità che il fuori metterà a disposizione avrà due benefici: la naturale messa in sicurezza e il ripensamento della scuola“. Tutto a costo zero. Nessuno potrà più dire “mancano le risorse”. Ogni maestro, ogni professore potrà con tanto di avvallo istituzionale usufruire dell’esterno: “Ogni territorio – spiega Guerra – ha delle potenzialità, dovremmo metterci in dialogo con gli enti, le associazioni, cominciare ad usare di più quello che c’è fuori; penso agli spazi naturali ma anche gli spazi della cultura. Si apre una possibilità enorme per docenti ed educatori”.

La professoressa della Bicocca è convinta che questo sarà un passaggio epocale: “Se continuiamo a pensare che scuola è solo insieme di classi e che classe è un insieme di banchi è chiaro che l’unica soluzione che ci viene in mente sono i plexiglass. Solo perché non ci sono i banchi non significa che fuori non sia scuola”. Non solo, Secondo la fondatrice dell’associazione ‘Bambini e Natura’ a trarne vantaggio saranno anche le città: “Bambini, ragazzi, educatori, insegnanti occuperanno pacificamente i luoghi delle città e li bonificheranno”. C’è un ultimo aspetto che la professoressa sottolinea: “Se è immediato pensare che i docenti hanno bisogno di competenze digitali credo che sia loro diritto anche essere accompagnati a fare didattica dove il dentro e il fuori sono in dialogo”.

Una posizione condivisa anche da Michela Schenetti, professoressa di didattica generale e metodologia e didattica dell’attività motoria presso l’Università degli Studi di Bologna che il 15 gennaio scorso è stata ascoltata proprio dalla commissione cultura della Camera. In quell’occasione Schenetti disse: “Le scuole all’aperto hanno assolutamente a che fare con il curriculum per competenze, con la valutazione formativa, con i compiti autentici; ma fanno anche tesoro delle neuroscienze, quindi mettono alla base di qualsiasi apprendimento l’importanza di emozioni positive e che ci sia. Ora la palla passa alla ministra che ha promesso le linee guida in tempi rapidi”.

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