Azienda e sindacati contro chi ha preteso rispetto per l’ambiente. È quello che sta accadendo in questi giorni a Brindisi, dove il sindaco Riccardo Rossi è al centro del fuoco incrociato di Eni-Versalis e delle organizzazioni sindacali dopo l’ordinanza firmata il 20 maggio scorso con la quale ha bloccato l’impianto di cracking del petrolchimico che produce etilene e propilene. Una decisione contestata da subito dai vertici di Versalis e che ora minacciano il primo cittadino di non sedersi ad alcun tavolo se prima non sarà revocata quella misura.

Il primo tentativo di ricucire lo strappo avviato dalla Regione Puglia si concluso nei giorni scorsi con un nulla di fatto: l’azienda afferma che nelle “azioni messe in atto dal sindaco” non c’è “alcuna preliminare indagine sulla realtà del fatti”. Nessun margine di trattativa insomma: Versalis ha dichiarato senza giri di parole incontrerà le istituzioni “soltanto successivamente alla revoca dell’ordinanza del sindaco e la conseguente ripresa delle attività industriali”.

E nel frattempo, l’azienda ha depositato un’istanza di accesso agli atti per approfondire il contenuto della relazione di Arpa Puglia che ha inviato i suoi tecnici in fabbrica proprio il 20 maggio. I risultati preliminari di quel documento, che ha evidenziato gli eccessi benzene e toluene nell’aria, sono la base su cui il sindaco ha emanato il suo provvedimento di stop. L’ordine di Rossi è stato chiaro: “Immediata sospensione dell’esercizio dell’impianto di cracking per la produzione”. Un’azione coraggiosa che, a meno di 100 chilometri dalla città dell’ex Ilva, ha aperto un nuovo nodo “salute-lavoro”.

Nel documento, Rossi – eletto nel 2018 con il centrosinistra e nato politicamente nei movimenti ambientalisti che contestavano la centrale a carbone dell’Enel – non era andato troppo per il sottile, anzi: ha annunciato che “qualora sia accertato qualsivoglia nesso di causalità tra il sensibile peggioramento dell’aria-ambiente e il funzionamento dell’impianto in regime di arresto-manutenzione” il Comune di Brindisi avrebbe chiesto “l’immediata sospensione del riesame Aia complessivo in corso”, fino agli “opportuni e improcrastinabili adeguamenti” per “azzerare le condizioni che ad oggi determinano gli eventi emissivi macroscopici in corso, senza che siano intervenuti presupposti di assoluta emergenza”. Quindi Rossi ha spiegato: “Il superamento dell’ordinanza lo si ha con la volontà da parte di Versalis di confrontarsi con tavoli tecnici, con la presenza dell’Arpa, per trovare tutte le soluzioni impiantistiche e tecnologiche per ridurre i blocchi degli impianti e le emissioni di sostanze inquinanti”. Il “cuore del problema”, ha scritto il sindaco, sono “investimenti a difesa della salute e del lavoro o status quo che non assicura né la salute né il lavoro”.

Al centro della questione, in particolare, erano finite le cosiddette “torce” dell’impianto: quei camini dovrebbe servissero a mettere in sicurezza l’impianto nel caso in cui dovesse andare in blocco per evitare esplosioni o altri incidenti gravi, ma che – secondo altre indagini del passato – negli anni sono state utilizzate come “termodistruttori di reflui industriali”. Da quelle torce, in sostanza, venivano bruciati gli scarti di produzione: nel 2010, quando la fabbrica si chiamava ancora Polimeri Europa, furono sequestrate dalla magistratura, ma l’indagine che coinvolse 4 dirigenti si chiuse con un’oblazione da 116mila euro.

Per l’azienda è una storia che appartiene al passato e nulla a che fare con l’attuale gestione. Quelle nubi odorigene che hanno appestato per giorni la città con aria acre e irrespirabile, sostiene Eni Versalis, non provenivano dai suoi impianti. E citando i dati di Arpa ha aggiunto che “tutti gli inquinanti hanno un trend in diminuzione e in particolare il benzene, a partire dal 2013, non rappresenta una criticità”. E inoltre i picchi di concentrazione di benzene accertati dal 16 al 21 maggio, erano stati emessi da “fonti completamente estranee a Versalis” dato che “la direzione del vento era tale da porre le centraline di monitoraggio dell’aria di Arpa Puglia sopravento rispetto allo stabilimento”.

Alle contestazioni dell’azienda, che ha adombrato anche l’ipotesi che il blocco incida sui livelli occupazionali, si sono aggiunti nelle ultime ore anche i sindacati. “Il rischio della cassa integrazione – ha commentato Emiliano Giannoccaro, segretario Femca Cisl – è reale e già l’indotto è in sofferenza. Stiamo di nuovo attivando il prefetto di Brindisi e il 3 giugno faremo un’assemblea con i lavoratori. La cosa singolare è che il 28 maggio la centralina Sisri registra un picco di benzene, 3 microgrammi per metro cubo d’aria, mentre Versalis è ferma. Ma nessuno ne parla”.

Insomma anche per i sindacati l’azienda è estranea e la colpa di quanto potrebbe accadere ai circa 1000 lavoratori, tra diretti e indotto, sarebbe colpa dell’iniziativa del sindaco. Un fuoco incrociato al quale Rossi ha risposto senza fare passi indietro: “Versalis non pensi di far pagare le ordinanze ai lavoratori con la cassa integrazione. Se si contestano le ordinanze, ci sono altre sedi per far valere le proprie ragioni”. Una di queste è l’incontro in programma oggi (1 giugno, ndr) alle 12 convocato dal Prefetto di Brindisi a cui dovrebbe partecipare anche il sottosegretario allo Sviluppo Economico Alessandra Todde. Sempre che Versalis si presenti.

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