Sconcerto e la riprovazione per quanto emerso”, “degenerazione del sistema correntizio”, “inammissibile commistione fra politici e magistrati”. Ma anche estraneità “al dibattito politico” in base ai dettami della Costituzione, secondo cui non spetta al capo dello Stato lo scioglimento del “Consiglio Superiore della Magistratura in base a una propria valutazione discrezionale”. E ancora: “Auspicio di tempi brevi per la riforma della magistratura”, provvedimento peraltro già sul tavolo della maggioranza. Per questo motivo, infine, sarebbe “improprio un messaggio al Parlamento per sollecitare iniziative legislative annunciate come imminenti”. Sono solo alcuni dei concetti espressi in una lunga nota dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che dopo le polemiche dei giorni scorsi è intervenuto sullo scandalo che ha travolto la magistratura e il Csm. Il caso ha riempito le cronache dei giornali: si tratta dei messaggi che in tanti (magistrati e politici) scambiavano con Luca Palamara, il pm romano indagato a Perugia. Conversazioni whatsapp da cui appare uno spaccato fatto di richieste di aiuti per far carriera, logiche spartitorie, persino sgambetti tra colleghi e strategie per attaccare i politici.

Il caso delle chat tra magistrati e le richieste della Lega – Politici che, il riferimento è alla Lega di Matteo Salvini (il cui nome compare spesso nelle chat incriminate), hanno chiesto più volte l’intervento del capo dello Stato. La settimana scorso Mattarella ha incontrato il leader del Carroccio e ha anche ricevuto una sua lettera sulla questione: l’ex vicepremier chiedeva un processo equo per lui, diventato oggetto degli attacchi di alcuni pm, tra cui appunto Palamara. Oggi però, dopo l’ennesima richiesta di intervento, il capo dello Stato ha diramato una nota molto ferma, in cui sostanzialmente si chiama fuori dal dibattito politico pur tracciando una strada netta: quella della Costituzione. Val la pena riportare integralmente il messaggio del Colle.

“Sconcerto e riprovazione” – La nota si apre con la dura condanna di quanto emerso nelle ultime settimane: “Il Presidente della Repubblica ha già espresso a suo tempo, con fermezza, nella sede propria – il Consiglio Superiore della Magistratura il grave sconcerto e la riprovazione per quanto emerso, non appena è apparsa in tutta la sua evidenza la degenerazione del sistema correntizio e l’inammissibile commistione fra politici e magistrati”. Dopo aver espresso il suo parere (inequivocabile) sulla questione, Mattarella ha ricordato che “in quella stessa sede, ha sollecitato modifiche normative di legge e di regolamenti interni per impedire un costume inaccettabile quale quello che si è manifestato, augurandosi che il Parlamento provvedesse ad approvare una adeguata legge di riforma delle regole di formazione del CSM”. Cosa che poi è avvenuta, se è vero – come è vero – che la bozza della riforma del Csm ha già messo d’accordo la maggioranza che regge il Governo Conte 2.

“Il capo dello Stato non può sciogliere il Csm a sua discrezione” – Al netto di ciò, Mattarella ha ricordato che il fine della riforma deve essere quello di contribuire “unitamente al fondamentale e decisivo piano dei comportamenti individuali – a restituire appieno all’Ordine Giudiziario il prestigio e la credibilità incrinati da quanto appare, salvaguardando l’indispensabile valore dell’indipendenza della Magistratura, principio base della nostra Costituzione“. Che non prevede l’intervento del capo dello Stato in situazioni come quella contingente: “Per quanto superfluo va, peraltro, chiarito che il Presidente della Repubblica si muove – e deve muoversi – nell’ambito dei compiti e secondo le regole previste dalla Costituzione e dalla legge – ha sottolineato Mattarella – e non può sciogliere il Consiglio Superiore della Magistratura in base a una propria valutazione discrezionale”.

Mattarella ricorda a tutti come funziona e quando può essere sciolto il Csm –Il capo dello Stato, poi, ha voluto riportare tutti al rispetto della carta costituzionale, secondo cui il “Csm conclude il suo mandato dopo quattro anni dalla sua elezione e può essere sciolto in anticipo soltanto in presenza di una oggettiva impossibilità di funzionamento, condizione che si realizza, in particolare, ove venga meno il numero legale dei suoi componenti”. Solo in questo caso “il Presidente della Repubblica sarebbe obbligato dai suoi doveri costituzionali a convocare, entro un mese, nuove elezioni dell’intero organo, ovviamente secondo le regole vigenti per la sua formazione”. Oggi, però, la situazione è diversa. E il Colle non perde occasione per ribadirlo: “L’attuale CSM, rinnovatosi in parte nella sua composizione, non si trova in questa condizione ed è impegnato nello svolgimento della sua attività istituzionale.

Il messaggio ai politici: “Auspicio che si approvi in tempi brevi una nuova normativa” – Il Quirinale, tuttavia, non nasconde che una riforma del Csm sia quantomai auspicabile, ma è un compito che spetta al Parlamento e al governo, non al Colle. La bussola ovviamente è sempre la Costituzione: “​Se i partiti politici e i gruppi parlamentari sono favorevoli a un Consiglio Superiore della Magistratura formato in base a criteri nuovi e diversi – ha scritto Mattarella – è necessario che predispongano e approvino in Parlamento una legge che lo preveda: questo compito non è affidato dalla Costituzione al Presidente della Repubblica ma al Governo e al Parlamento.

Legge imminente, suo intervento superfluo ed equivocabile – Molto interessante, inoltre, il passaggio in cui il capo dello Stato parla degli effetti collaterali di un suo eventuale intervento diretto nella vicenda: “Governo e Gruppi parlamentari hanno annunziato iniziative in tal senso e il Presidente della Repubblica auspica che si approdi in tempi brevi a una nuova normativa. Risulterebbe, peraltro, improprio un messaggio del Presidente della Repubblica al Parlamento – ha detto – per sollecitare iniziative legislative annunciate come imminenti. Al Presidente della Repubblica competerà valutare la conformità a Costituzione di quanto deliberato al termine dell’iter legislativo, nell’ambito e nei limiti previsti per la promulgazione“.

“Ogni valutazione potrebbe essere strumentalmente interpretata come una pressione” – Sempre al capitolo “effetti collaterali del mio eventuale intervento“, Mattarella è ancora più netto quando si tratta di rispondere a chi gli ha chiesto di esprimersi sulle chat incriminate: “Per quanto attiene alla richiesta che il Presidente della Repubblica si esprima sul contenuto di affermazioni fatte da singoli magistrati contro esponenti politici va ricordato che – ha detto il Colle – per quanto gravi e inaccettabili possano essere considerate, sull’intera vicenda sono in corso un procedimento penale e diversi procedimenti disciplinari e qualunque valutazione da parte del Presidente della Repubblica potrebbe essere strumentalmente interpretata come una pressione del Quirinale su chi è chiamato a giudicare in sede penale o in sede disciplinare: la giustizia – ha sottolineato – deve fare il suo corso attraverso gli organi e secondo le regole indicate dalla Costituzione e dalle leggi”.

“Con scioglimento rallentamento dei procedimenti disciplinari nei confronti dei magistrati” – La chiusura del messaggio del Quirinale, poi, è tutta dedicata all’ipotesi dello scioglimento del Csm e cosa questo comporterebbe sui procedimenti nei confronti dei magistrati indagati. “È appena il caso di ricordare, infine, che un eventuale scioglimento del Consiglio Superiore della Magistratura comporterebbe un rallentamento, dai tempi imprevedibili, dei procedimenti disciplinari in corso nei confronti dei magistrati incolpati dei comportamenti resi noti, mettendone concretamente a rischio la tempestiva conclusione nei termini previsti dalla legge.​ ​In merito alle vicende che hanno interessato la Magistratura – ha concluso Sergio Mattarellail Presidente della Repubblica, come ha già fatto in passato, tornerà a esprimersi nelle occasioni e nelle sedi a ciò destinate, rimanendo estraneo a dibattiti tra le forze politiche e senza essere coinvolto in interpretazioni di singoli fatti, oggetto del libero confronto politico e giornalistico.

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