Alla fine, apparentemente, ha vinto l’arroganza dell’uomo. O almeno di quella parte di umanità che ha ancora la convinzione di poter dominare il mondo e regolare i ritmi della Natura.

Proprio in questi tempi, in cui dovremmo renderci conto che il nostro posto sulla Terra è quello di essere parte di Essa e non a capo di tutto, diamo ancora prova di arroganza, limitando la libertà di un animale che vive nei boschi, cioè nel suo habitat. Siamo una razza meschina, perché da quando esistiamo siamo la causa principale dell’estinzione di milioni di specie (a causa dell’uomo scomparse il 60% delle popolazioni animali in 40 anni) .

E, quando avremmo la possibilità, anche in casi meno eclatanti, agiamo sempre con la presunzione che tutti gli spazi della Terra siano nostri, di nostro dominio. Anche nel caso della rocambolesca storia di M49, “maschio numero quarantanove”come si usava nei lager nazisti, nome dato all’orso simbolo di libertà che, per oltre nove mesi ha tenuto in scacco il sistema provinciale del corpo forestale del Trentino. Papillon, il nome nobile, ha infatti operato la più famosa fuga per la libertà dalla prigionia imposta dall’uomo ad un animale.

Lui voleva solamente essere lasciato in pace, nei boschi, nel suo habitat. Era colpevole di aver aggredito e mangiato alcuni capi di selvaggina e alcuni capi di bestiame di allevatori montani. Non discuto il disagio di questi ultimi e li comprendo. Però, vorrei anche dire che ci sono fior di indennizzi per chi subisce attacchi dai grandi carnivori, nella provincia di Trento. E vorrei pure rammentare che gli animali sono generalmente allevati come carne da macello, pertanto mi pare molto ipocrita la teoria sostenuta da chi dice di aver perso un valore affettivo.

Inoltre, per chiudere il cerchio, ricordo anche che ci sono moltissimi sistemi per impedire ad un orso di accedere al bestiame montano; la provincia stessa mette a disposizione in comodato gratuito recinzioni elettrificate come deterrenti. Quanti di questi allevatori hanno agito cercando un approccio di convivenza con la presenza dei grandi predatori?

Molti si fanno promotori del fatto che sono residenti in montagna e quindi tengono vivo alpeggio e allevamenti montani; verissimo e onore a loro, dico seriamente; però dico anche che, se si accetta di vivere in tali zone, si deve imparare a convivere anche con i grandi predatori e con il loro diritto di vivere in libertà nei boschi. Papillon questo lo ha sempre fatto; peraltro è stato definito pericoloso, ma non ha mai aggredito alcun essere umano.

Anzi, ne è sempre sfuggito, facendolo molto bene e tenendo in scacco un intero sistema forestale che certamente non è fatto da persone incompetenti, anzi. Ora, la sua fuga è tristemente finita. Lo hanno catturato e il suo simbolo di libertà, quanto mai forte e intenso in questo periodo che ci vede costretti al limitazioni personali fortissime, è stato infranto. Gli umani hanno deciso di toglierlo dalla sua vita naturale.

Ancora una volta, l’ennesima, l’arroganza dell’uomo ha deciso che questo orso debba essere isolato dalla sua vita naturale, imponendogli un habitat non certo ideale. Rinchiuso in uno spazio ristretto, un piccolo parco ai bordi della città di Trento, lontano dalla libertà e da spazi di movimento consoni ad un orso.

L’ho scritto qualche giorno fa, proprio qui, il pericolo non è il coronavirus che ci sta limitando, il vero pericolo sulla Terra siamo noi esseri umani, che non abbiamo capito che siamo parte del sistema naturale e biologico e non proprietari del mondo. Abbiamo l’arroganza di voler controllare tutto, invece che cercare l’armonia con la natura e con gli altri esseri viventi.

L’orso Papillon ora è in gabbia, ma in quella gabbia sono state rinchiuse anche molte speranze di vedere cambiamenti reali nell’approccio verso la biodiversità da parte di chi deve governare i nostri territori. Certo, è molto più facile mettere in gabbia un orso, invece che creare cultura e informazione sulla convivenza tra le specie, costruire un percorso di lunga prospettiva, con formazione nelle scuole, informazione ai cittadini e alle associazioni di categoria (allevatori e coltivatori).

Troppo complicato creare cultura del rispetto della biodiversità e della tutela ambientale, molto più semplice eliminare il problema, togliendo fisicamente di mezzo chi da fastidio. Avanti così, con la distruzione di ambiente e con il calpestio delle regole naturali. Sempre nel diritto divino che l’uomo crede di avere, sempre con l’idea che è tutto nostro e gli altri esseri viventi non contano.

E sempre nel solo interesse di cercare consensi elettorali da parte di categorie economiche, mai con l’intenzione di progettare percorsi di condivisione, di approfondimento e di accettazione della biodiversità. Ciò che è diverso dai canoni di vita dell’uomo va cancellato, marginalizzato. Finché continueremo a percorrere queste strade, non troveremo mai armonia con la natura.

Varrà poco, perché chi la pensa come me è visto come uno sciocco idealista, ma qui ho avviato una petizione per chiedere la rimessa in libertà di Papillon, o M49, come lo chiamano loro; varrà poco, me ne rendo conto, ma mi piace provare a tenere alta l’idea di libertà che questo orso ci ha trasmesso, con i suoi gesti semplici, da animale libero e fiero. In questi tempi di libertà limitate cercare di dare libertà a un animale selvatico, mi pare una proposta coerente. Non per tutti, evidentemente.

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